Donne: Riyadh usa lo sport per ripulirsi l’immagine e cancellare le violenze
È l’accusa lanciata da gruppi attivisti, che invocano il boicottaggio di un importante torneo di golf femminile. La competizioni, prevista a marzo e rimandata per il Covid-19, si tiene a novembre a nord di Jeddah. Direttore Mena: lo sport “un mezzo per ripulirsi la coscienza”, vergognoso partecipare.
Riyadh (AsiaNews) - Attivisti e organizzazioni pro diritti umani di primo piano hanno lanciato una campagna, per il boicottaggio di un importante torneo di golf femminile in programma in Arabia Saudita il mese prossimo. In una lettera aperta i critici attaccano i vertici di Riyadh, accusandoli di usare le competizioni sportive per “ripulirsi” l’immagine e fornire al mondo una nuova immagine nel rapporto con il mondo femminile.
Diversi movimenti attivisti come MENA Rights Group, il saudita ALQST e Code Pink sono fra le 19 realtà che hanno sottoscritto la lettera aperta, invitando gli organizzatori, i partecipanti e gli sponsor della Saudi Ladies International di golf a bloccare l’evento. La competizione si dovrebbe svolgere fra il 12 e il 19 novembre Royal Greens Golf and Country Club, in un’area commerciale 120 km a nord di Jeddah, sebbene in origine fosse prevista a marzo. La diffusione della pandemia di nuovo coronavirus aveva costretto gli organizzatori a congelare l’evento.
Nel documento pubblicato il 22 ottobre scorso gli attivisti chiedono di riconsiderare il coinvolgimento e denunciare la violazione dei diritti umani nel regno wahhabita. “Gli spettatori locali e internazionali di 55 nazioni del mondo - si legge - ammireranno le giocatrici competere per un ricco bottino” di 1,5 milioni di dollari. Tutto questo mentre le donne che si battono “a difesa dei diritti umani nel regno languiscono in prigione, senza nemmeno beneficiare del diritto alla difesa”.
Pur sapendo che questo torneo rappresenta una pietra miliare nel golf femminile, prosegue la lettera, “siamo preoccupati che l’Arabia Saudita usi gli eventi sportivi come arma di pubbliche relazioni per ripulire i dati spaventosi in tema di diritti umani”. Inclusa, aggiungono, “la discriminazione delle donne o la repressione di quanti le difendono”. Fra gli esempi ricordati vi sono le donne finite in carcere per rivendicare il diritto alla guida, e ancora agli arresti, come Loujain al-Hathloul, Samar Badawi, Nassima al-Sadah, Nouf Abdulaziz e Mayaa al-Zahrani.
Nel regno saudita vige una monarchia assoluta sunnita, retta da una visione wahhabita e fondamentalista dell’islam. Le riforme introdotte negli ultimi due anni da Mohammad bin Salman (Mbs) nel contesto del programma “Vision 2030” hanno toccato la sfera sociale e i diritti, fra cui il via libera per la guida alle donne e l’accesso (controllato e in apposti settori) agli stadi. Tuttavia, gli arresti di alti funzionati e imprenditori, la repressione di attivisti e voci critiche, la vicenda Khashoggi e la scoperta di tribunali segreti per dissidenti gettano un’ombra sul cambiamento.
Ines Osman, direttore e co-fondatore di Mena, sottolinea a Middle East Eye che “sport ed eventi non rappresentano un progresso se non sono accompagnati da riforme significative” nella sfera dei diritti, anzi rappresentano “un mezzo per ripulirsi la coscienza”. “È vergognoso - conclude - che non si vedano sempre più atleti di alto profilo che si rifiutano di competere in Arabia Saudita”.
30/10/2017 08:54