Donne nepalesi vittime di prostituzione e schiavitù nei Paesi arabi
Devi Lal Sunar, del villaggio di Sanoshree (distretto di Bardia), da tre anni non ha notizie della moglie Shanti ed è preoccupato per le sue condizioni. “Dieci anni fa – afferma – una vicina di casa ha convinto mia moglie a partire per il Kuwait, aiutandola ad emigrare attraverso l’India”. Devi racconta che l’ultimo contatto con la moglie Shanti è avvenuto circa tre anni fa. Al telefono la donna raccontava che il proprietario di casa non le consentiva di uscire, la minacciava e torturava quando tentava di contattare casa e non le dava lo stipendio. “Ho chiamato più volte in Kuwait – dice - ma risponde sempre una voce con accento indiano che nega di conoscere mia moglie”. L’uomo afferma di aver fatto di tutto per riportare sua moglie a casa e in questi anni ha venduto gran parte delle sue proprietà e ora non ha più soldi per sfamare i suoi due figli.
Lila Thapa, donna di 35 anni, di recente ha fatto ritorno nel suo villaggio di Katarnia (Bardia), dopo sette di lavoro come domestica in Kuwait. “Lavorare nei Paesi arabi è molto rischioso e difficile – racconta – casi di abusi e sfruttamento sono all’ordine del giorno”. La donna sottolinea di non aver mai subito abusi sessuali, tuttavia afferma di essere stata sfruttata e mal pagata per tutto il suo soggiorno in Kuwait.
Secondo Maiti Nepal, associazione contro il traffico delle donne, le denunce di sparizione sono in continuo aumento. In otto anni si è passati da tre casi nel 2002 a 242 nel 2010. La crescita è dovuta soprattutto all’aumento delle migrazioni verso i Paesi arabi, che attirano donne fra i 25 e i 35 anni con offerte di lavoro come infermiere, colf e badanti. Molte di loro vengono però vendute come prostitute in bordelli o vengono impiegate in case private come domestiche-schiave e sottoposte a continui abusi da parte dei datori di lavoro.
02/11/2019 10:41