Donna lotta per impedire la conversione “forzata” dei suoi figli all’islam
Il marito, da poco convertito all’islam, ha chiesto il divorzio ad una corte islamica; la moglie, una non musulmana di origini indiane, vuole invece che il loro caso sia gestito da un tribunale civile, chiede l’affidamento dei due bambini.
Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) - Una donna di origini indiane in Malaysia sta lottando per impedire l’affidamento dei suoi figli al marito, di recente convertitosi all’islam, il quale ha chiesto il divorzio ad un tribunale islamico. Secondo la sharia, vigente nel Paese per i cittadini musulmani, in caso di separazione i bambini rimangono con “la parte migliore”, quella islamica, in questo caso l’uomo; di conseguenza anche la loro religione diventerà quella islamica.
Muhammad Shafi Saravanan Abdullah si è convertito all’islam nel maggio scorso. Ha chiesto il divorzio dalla moglie, R Subshini, ad un tribunale islamico. La donna si è rivolta alla Corte di Appello perché il loro caso venisse trattato da un tribunale civile, ma la richiesta è stata respinta. Sarà quindi la prima volta che una non musulmana apparirà davanti alla Corte islamica.
La signora Subshini, 28 anni, vuole ottenere un accordo economico con il marito e la custodia dei loro due figli, di 3 e 1 anno. “Entrambi vogliono divorziare – spiega il giudice della Corte d’appello Suryadi Halim Omar – ma l’obiezione della donna, che solo i cittadini musulmani sono giudicati dalla corte islamica, non ha senso”. Secondo il giudice, Muhammad Shafi ha il diritto di annullare il suo matrimonio presso un tribunale islamico piuttosto che in uno civile. Di fatto in Malaysia esistono due legislazioni: quella islamica e quella costituzionale che spesso entrano in conflitto soprattutto su questioni familiari. Le minoranze etniche, come la cinese e l’indiana, ricadono sotto la giurisdizione dei tribunali civili.
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