Dissidente birmano: coi militari (ancora) al governo, né riforme né democrazia
Yangon (AsiaNews) - Il popolo birmano "deve ancora vedere cambiamenti reali" nel governo che, a dispetto dei "tentativi di riforma", resta pur sempre sotto "lo stretto controllo della cerchia militare". È quanto afferma Hla Nyo, ex detenuto politico, sopravvissuto alle durissime condizioni carcerarie del penitenziario di Great Coco Island, famigerata colonia penale al largo delle coste del Myanmar. Il dissidente ha parlato nel corso di una cerimonia che si è tenuta il 31 luglio scorso a Yangon per celebrare tutti i prigionieri morti nell'ex carcere di massima sicurezza. Nel suo intervento non ha risparmiato critiche all'attuale amministrazione del presidente Thein Sein che parla di "democrazia al popolo" mentre continuano le "confische di terreni". Ai presenti egli chiede di essere uniti ne ricordo dei prigionieri politici che "hanno sofferto e sono morti nelle carceri birmane".
Per quasi 50 anni il Myanmar è stato retto da una dittatura militare, che si è conclusa nel 2011 col passaggio dei poteri a un governo semicivile, presieduto dal capo di Stato Thein Sein - ex Primo Ministro della giunta -, con un 25% di seggi in Parlamento riservati all'esercito. Resta quindi significativa la presenza dei membri in divisa, se si considera che per cambiare la Costituzione - emanata sotto il regime del generalissimo Than Shwe nel 2008, in piena emergenza per il ciclone Nargis - è necessaria la maggioranza dei due terzi della Camera.
Win Tin, co-fondatore della Lega nazionale per la democrazia (Nld), principale partito di opposizione guidato dalla Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, ha trascorso 20 anni nelle carceri birmane, fino al rilascio nel 2008. Oggi 83enne, l'anziano attivista continua a indossare la divisa blu, caratteristica delle prigioni birmane "per solidarietà" contro quanti sono ancora dietro le sbarre. Egli ha scritto un libro sugli anni in prigione e le torture inflitte a quanti si sono combattuti per la libertà di pensiero. "Fino a che vi sarà un sistema militare a guidare il Paese - ha dichiarato nel corso della cerimonia - rimarrà sempre attivo un sistema di torture per i prigionieri".
La prigione di Great Coco Island, voluta dal dittatore Ne Win nel 1959 per rinchiudere gli oppositori (fino a un massimo di 230), ha chiuso i battenti nel 1971 in seguito a una serie di scioperi della fame, indetti per protesta contro le durissime condizioni di detenzione. I prigionieri sono stati trasferiti nell'altrettanto famigerato carcere di Insein, periferia di Yangon, dove ancora oggi sono detenuti molti oppositori. Alla cerimonia di suffragio per le vittime hanno partecipato un centinaio di persone, alcune delle quali legate ai prigionieri morti per fame nella prigione di Great Coco Island al tempo della rivolta. Dai loro racconti emerge che i vertici del carcere hanno ordinato di bruciare i cadaveri, in particolare "dei prigionieri morti durante il primo sciopero della fame". Dopo tre proteste di massa, tra il 1969 e il 1971, con il decesso di otto di loro in occasione della terza protesta, le autorità hanno ordinato la chiusura della colonia penale a partire dal dicembre 1971.