Diplomazia del bambù: Hanoi accoglie Putin cercando di non spezzarsi
Il presidente russo ha incontrato To Lam, emerso vittorioso dalla catena di epurazioni della "campagna anticorruzione". Con lui ha siglato una serie di accordi in settori considerati tradizionali. Il Vietnam vede la Russia e gli Stati Uniti (che hanno protestato contro la visita) come rivali sullo stesso piano, ma tiene in molto più alta considerazione la Cina. Secondo gli esperti, Hanoi eviterà di prendersi ulteriori rischi in politica estera.
Hanoi (AsiaNews) - Il presidente russo Vladimir Putin è atterrato in Vietnam per una visita di due giorni dopo aver fatto tappa in Corea del Nord. Accolto dal presidente To Lam, in carica da meno di due mesi, Putin incontrerà il segretario generale del Partito comunista del Vietnam, Nguyen Phu Trong, di fatto il leader principale del Paese, essendo anche capo del Politburo e della Commissione militare centrale.
Il presidente russo arriva in un momento di grande trasformazione per il Vietnam: da mesi è in corso una campagna anticorruzione che ha sostituito le principali cariche alla guida della nazione comunista, facendo emergere To Lam come uno dei personaggi principali, al punto da poter essere eletto prossimo segretario generale durante il Congresso del Partito atteso per il 2026.
I rapporti amichevoli tra Mosca e Hanoi risalgono agli anni ‘50, quando l’Unione sovietica dichiarò il proprio sostegno al Vietnam del Nord. Lo stesso Nguyen Phu Trong, come molti altri membri anziani del Partito comunista, ha studiato in Russia. Negli ultimi anni il Vietnam (come altri Paesi che hanno relazioni storiche con Mosca) si è astenuto dal condannare l’invasione dell’Ucraina e, nonostante un certo avvicinamento in chiave anti-cinese verso gli Stati Uniti e l’Occidente, resta il principale partner commerciale della Russia nel sud-est asiatico. Ma gli scambi bilaterali hanno raggiunto i 3,63 miliardi di dollari nel 2023 e 1,96 miliardi di dollari nei primi cinque mesi del 2024. Cifre misere se paragonate ai 171 miliardi di dollari scambiati con la Cina e ai 111 miliardi con gli Stati Uniti.
Hanoi utilizza ancora attrezzature militari di fabbricazione russa, ma dopo lo scoppio della guerra in Ucraina ha bloccato gli acquisti di grandi dimensioni e iniziato una diversificazione dei mercati. La collaborazione più importante è quella con le compagnie petrolifere russe per l’esplorazione nel Mar cinese meridionale, dove frequentemente il Vietnam, come gli altri Paesi della regione, si scontra con le pretese (prive di fondamento) di Pechino sulle zone marittime. Hanoi, ignorando le critiche provenienti dagli USA (nei giorni scorsi Washington ha dichiarato che “nessun Paese dovrebbe dare a Putin una piattaforma per promuovere la sua guerra di aggressione”) vuole probabilmente ricevere rassicurazioni sul fatto che i legami tra Russia e Cina non andranno a scapito del Vietnam.
Dopo aver siglato una serie di accordi in settori considerati “tradizionali”, come quello energetico, il presidente russo ha dichiarato che i due Paesi condividono l'interesse a “sviluppare un'architettura di sicurezza affidabile” nella regione dell’Asia-Pacifico, basata sul non uso della forza e sulla risoluzione pacifica delle controversie, senza spazio per “blocchi politico-militari chiusi”.
Secondo gli esperti, infatti, il Vietnam vede la Russia e gli Stati Uniti come rivali dello stesso livello, ma tiene in molta più alta considerazione la Cina, verso cui la leadership vietnamita si rivolge con un misto di deferenza e diffidenza. Anche il presidente americano Joe Biden si era recato in Vietnam l’anno scorso dopo aver ricevuto l’invito del capo del Partito comunista ed era stato accolto all’aeroporto dal capo della Commissione affari esteri del Partito, allo stesso modo di Putin. Il presidente cinese Xi Jinping, invece, aveva ricevuto anche l’invito del capo di Stato, oltre che di quello del segretario generale, e, a dicembre, era stato accolto dal Primo ministro.
Questo tipo di approccio viene definito “diplomazia del bambù”, un’espressione coniata nel 2021 dal segretario Nguyen Phu Trong per descrivere la politica estera nazionale, che, pur mantenendo radici salde nel comunismo, intende dialogare con Paesi che tra di loro hanno rapporti conflittuali.
I commentatori ritengono che il mantenimento di questo atteggiamento, unito ai recenti cambi di leadership all’interno del Partito - per cui i burocrati si sentono incentivati a fare meno per essere sicuri di non essere eliminati piuttosto che rischiare di prendere ulteriori rischi -, difficilmente produrrà cambiamenti significativi sul piano economico o in politica estera. Dopo la partenza del presidente russo, infatti, dovrebbe volare ad Hanoi Daniel Kritenbrink, assistente segretario di Stato degli Stati Uniti per l’Asia orientale e il Pacifico. Hanoi sai benissimo che, a piegarsi troppo in qualunque direzione, rischia di spezzarsi.