Diplomatici europei contro ‘l’emarginazione economica, politica e sociale dei palestinesi’
L’accusa della missione europea sulle politiche israeliane a Gerusalemme est: dall’isolamento fisico, all’uso eccessivo della forza, agli insediamenti, fino alle violenze dei coloni. L’Europa deve rispettare il “consenso internazionale su Gerusalemme”. Stanziati 42,5 milioni di euro per l’edificazione di uno Stato palestinese. Onu: 206 aziende coinvolte negli insediamenti.
Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) – “Da tempo a Gerusalemme è in atto una campagna israeliana di emarginazione economica, politica e sociale dei palestinesi”. È quanto sostengono i capi della missione europea in Israele e Palestina in un rapporto che dovrebbe essere presentato oggi a Bruxelles e di cui ne dà notizia il quotidiano francese Le Monde.
Il documento nella sua ultima versione indurisce i toni, esplorando in modo “ricco, preciso e spesso crudo” tutti gli aspetti della vita quotidiana palestinese colpiti dalle politiche israeliane: trasporti, costruzioni, istruzione, economia, episodi di violenza. “A causa dell’isolamento fisico e della restrittiva politica israeliana dei permessi – scrivono i diplomatici europei – la città ha smesso di essere il centro palestinese economico, urbano e commerciale che era in passato”. Un’accusa che si traduce in cifre: il contributo di Gerusalemme est al prodotto interno lordo palestinese è crollato del 15% dalla firma degli accordi di Oslo nel 1993 e al momento è al 7%.
I rappresentanti europei raccomandano prese di posizioni politiche ai Paesi membri. Essi si scagliano contro la decisione del presidente americano Donald Trump di spostare l'ambasciata a Gerusalemme, sottolineando la necessità di rispettare il “consenso internazionale su Gerusalemme”. Essi incoraggiano il sostegno ai “difensori dei diritti umani a Gerusalemme est”, affermando che Israele mantiene “una repressione costante sull’organizzazione di una vita politica palestinese” nell’area. Il rapporto critica anche “l’uso eccessivo della forza” da parte della polizia israeliana e l’uccisione dei palestinesi autori di attacchi individuali quando “non rappresentano più una minaccia”.
I diplomatici si soffermano anche sulle colonie, denunciando la costruzione di 3mila nuovi alloggi nel 2017. Gli autori chiedono all’Unione Europea di stabilire “un meccanismo più efficace” per assicurare che i prodotti delle colonie non beneficino di “trattamenti preferenziali in seno all’accordo” fra Ue e Israele. Inoltre, essi suggeriscono sanzioni mirate, in materia di ingresso nel continente europeo, nei confronti dei “coloni violenti” e di coloro che inneggiano alla violenza.
I diplomatici insistono che la Ue dovrebbe opporsi a tutte le iniziative legislative della Knesset che cambino in modo unilaterale i confini della città. L’appello fa riferimento a un progetto di legge che prevede l’annessione ad Israele di quartieri palestinesi di Gerusalemme che si trovano al di là del muro, al fine di integrare nel municipio le colonie limitrofe.
Il rapporto condanna anche la “deportazione silenziosa” dei palestinesi da Gerusalemme, ricordando i 14.595 residenti palestinesi a cui è stato revocato il permesso di residenza nella città fra il 1967 e il 2016. Una pratica che gli autori definiscono mirata a mantenere “una maggioranza sostanziale ebraica”.
In conclusione, il documento sottolinea “la mobilitazione senza precedenti dei palestinesi” caratterizzata da “unità, non-violenza e un forte senso di solidarietà”.
Il rapporto giunge insieme all’annuncio di uno stanziamento europeo di 42,5 milioni di euro per l’edificazione di uno Stato palestinese e a un documento dell’Ufficio delle Nazioni unite per i diritti umani che ha già attirato critiche da Israele e dall’alleato americano. Esso riguarda le aziende coinvolte con gli insediamenti ebraici in Cisgiordania, considerati illegali dalla comunità internazionale. L’agenzia Onu sostiene di aver individuato 206 aziende che lavorano negli insediamenti o che favoriscono lo “stabilimento, espansione e mantenimento di comunità israeliane al di là della Linea verde”: 143 sono domiciliate in Israele o nelle colonie, 22 sono statunitensi e 19 di altri Paesi, per lo più europei.
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