12/04/2010, 00.00
BANGLADESH
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Dhaka, l’opera di volontari cristiani e musulmani per i bambini di strada

di William Gomes
Un sacerdote locale e un missionario italiano hanno avviato un progetto per i bambini poveri e abbandonati. Al corso di formazione hanno partecipato giovani che, un tempo, vivevano per strada. Madre musulmana: p. Lucio, missionario del Pime, è “un modello per mia figlia”. Insegnante cattolica: lavorare per loro è un modo per “amare Cristo”.
Dhaka (AsiaNews) – Formare un gruppo di volontari, per lavorare a contatto con i bambini di strada in Bangladesh. È l’iniziativa lanciata da p. Pradeep Perez, SJ in collaborazione con fratel Lucio Beninati, missionario del Pontificio istituto missioni estere (Pime), da 10 anni nel Paese. Il 9 aprile scorso a Dhaka si è tenuta una giornata di incontro alla quale hanno partecipato 70 persone, sia cristiani che musulmani.
 
Una madre di fede musulmana, presente al corso insieme alla figlia, spiega che “queste persone fanno un gran lavoro per noi”, in particolare fr. Lucio che “è diventato un modello”. Per questo, aggiunge la donna, anche se di religione differente “ho permesso a mia figlia Nowsin di lavorare per i bambini di strada” con i sacerdoti. “Ha imparato ad amare i poveri e lavorare per gli altri – sottolinea la donna – e la sua vita è cambiata”.
 
Bridget Corrya, insegnante cattolica, dedica il tempo libero ai bambini di strada. “Per la prima volta due anni fa – commenta – ho sentito nella mia parrocchia fr. Lucio, che chiedeva volontari per il suo progetto”. I bambini non hanno cibo, né alloggio, spiega, e “lavorare per loro è un modo per amare Cristo e servirlo”. Un’altra giovane cattolica, Calot Gain, afferma di aver sperimentato lei stessa “in prima persona” il dramma della povertà. Ha iniziato a lavorare a contatto con i bambini di strada nel 2007 e, grazie al corso di formazione, “ho imparato come rapportarmi con loro”.
 
Fra i partecipanti vi erano anche due giovani di fede musulmana, che hanno vissuto a lungo per strada abbandonati a se stessi. La loro esistenza è cambiata, sottolineano, grazie all’aiuto dei cristiani e di “Bahi”, il nomignolo con il quale chiamano fr. Lucio. Per loro è diventato un “fratello maggiore”, che li ha aiutati a uscire dal tunnel della droga e della malavita.
 
Mohammed Rasel, 12 anni, ricorda i tempi in cui “non avevo un posto per dormire e nessuno che mi amava”. Ora vive a contatto con i volontari, sta imparando una professione e aggiunge di voler “aiutare altri bambini poveri che vivono per strada”. Mohammed Sojib, di 13 anni, spiega come “la mia vita è cambiata” e adesso “voglio essere io a cambiare la vita di altri bambini”. Fr. Lucio, ricorda il giovane, “è venuto ad aiutarmi come ‘Allah’. Gli altri mi guardavano e ridevano, mentre Bahi mi ha preso fra le braccia e mi ha donato amore”.
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