Dhaka, il presidente ferma il boia. Graziati 20 detenuti nel braccio della morte
Dhaka (AsiaNews) – Il presidente bangladeshi Ziaur Rahman ha concesso la grazia a 20 attivisti dell’Awami League, condannati a morte per omicidio. Il provvedimento risale al 6 settembre e i prigionieri – rinchiusi nelle prigioni centrali di Dhaka e Rajshahi – sono stati rilasciati. La notizia è accolta con favore da una attivista cattolica, che plaude alla decisione del presidente e invita il governo ad abolire la pena di morte. Tuttavia, fonti del Ministero degli interni (dietro garanzia di anonimato) riferiscono ad AsiaNews che al momento vi sono almeno 407 detenuti nel braccio della morte in attesa di esecuzione, di cui 107 nella prigione centrale della capitale.
La condanna dei 20 attivisti di Awami League risale al 24 agosto 2006 ed è stata emessa per direttissima dal giudice Riroze Alam, del tribunale di Dhaka. Fra questi vi è anche S.M. Feroze, segretario generale di AL nell’upazila di Naldanga Thana, anch’egli implicato nell’assassinio di Sabbir Hossain Gama, ex leader di Jubo Dal. Le persone implicate nella vicenda sono 21 in totale, ma uno dei condannati – Akbari Ali – si è reso latitante e la polizia non è mai riuscita a catturarlo in questi anni. L’omicidio è avvenuto il 7 febbraio del 2004 e, a distanza di oltre sei anni, la grazia concessa dal presidente del Bangladesh sembra chiudere la vicenda sotto il profilo legale.
Intanto fonti del Ministero degli interni riferiscono ad AsiaNews – dietro anonimato – che sono almeno 407 i detenuti nel braccio della morte nelle varie prigioni del Paese, di cui 107 nel Carcere centrale di Dhaka. Fra le condanne già eseguite e che hanno destato maggiore scalpore vi è l’impiccagione di cinque prigionieri, avvenuta il 28 gennaio 2010: essi erano implicati nell’omicidio dell’ex presidente e padre fondatore del Bangladesh Sheikh Muzibur Rahman, massacrato insieme alla famiglia il 15 agosto 1975 da membri dell’esercito.
In un secondo caso, sei esponenti di gruppi armati sono stati impiccati per l’omicidio di due giudici, nel corso di attacchi suicidi risalenti al 2005. Dalla nascita del Bangladesh, nel 1971, il boia ha eseguito oltre 250 condanne per impiccagione.
Annie Halder, attivista cattolica, accoglie con favore la grazia concessa dal capo dello Stato e invita il governo ad abolire la pena di morte dall’ordinamento giuridico. La donna ricorda come la pratica sia ancora diffusa in Bangladesh e viene comminata per numerosi reati che vanno dall’omicidio al tentativo di minare la sicurezza dello Stato, dalla circonvenzione di incapace per costringerlo al suicidio alla fabbricazione di prove false nei casi di omicidio per colpire un innocente. Essa viene usata anche per punire i responsabili degli attacchi con acido, un crimine assai diffuso nel Paese che segna per sempre l’esistenza delle vittime.
La pena di morte viene anche applicata per l’adulterazione del cibo o la produzione di valuta e documentazione falsa, violando il principio che essa andrebbe comminata – in base alla International Covenant on Civil and Political Rights (ICCPR), sottoscritta il 6 settembre 2000 – “solo per i casi più gravi”. Il Bangladesh, sottolinea l’attivista cattolica, ha firmato la carta ma non ha ancora ratificato il Protocollo opzionale e non è inserito nella lista dei Paesi che ne promuovono la moratoria.
Le autorità legislative del Bangladesh affermano che la pena di morte è necessaria per controllare la diffusione del crimine e far capire ai criminali che reati gravi portano alla morte. Quanti sono favorevoli alla pratica aggiugono che essa aiuta a mantenere la pace e a garantire giustizia nella società. Tuttavia, Annie Halder ribatte che non è efficace come “deterrente” e i crimini gravi “aumentano ogni anno”. Secondo le statistiche fornite dal sito web della polizia, si sono registrati 4219 omicidi nel 2009, a fronte di 3592 nel 2005.
03/02/2023 12:48
17/10/2020 09:52