17/04/2020, 11.17
BANGLADESH
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Dhaka, 15mila operai tessili perdono il lavoro per il coronavirus

di Sumon Corraya

Tanti che continuano a lavorare non vengono invece pagati. Il Paese è il secondo produttore tessile al mondo; il settore impiega 4 milioni di persone. Senza ordinativi dall’estero, i proprietari delle fabbriche licenziano o non pagano il personale. Sindacato e Chiesa cattolica: proteggere i lavoratori.

Dhaka (AsiaNews) – In Bangladesh 15mila operai dell’industria tessile hanno perso il lavoro a causa del coronavirus. Tra coloro che lo hanno mantenuto, molti non vengono pagati.

La crisi pandemica sta colpendo duramente l’economia del popoloso Paese. Al momento si registrano 1572 casi di contagio e 60 decessi. Le autorità di Dhaka hanno imposto la quarantena, e restrizioni alla circolazione, ma alcune aziende tessili continuano a produrre.

Dopo la Cina, il Bangladesh è il principale produttore ed esportare mondiale di articoli d’abbigliamento. L’industria del settore – il fiore all’occhiello della produzione nazionale – impiega più di 4 milioni di persone, per la maggior parte donne.

Il problema è il calo della domanda. Senza ordinativi dall’estero, soprattutto dall’Europa, i produttori tagliano il personale o non pagano i lavoratori. “Dopo il blocco economico deciso dal governo, sono rimasta chiusa in casa per alcuni giorni. Il 5 aprile sono tornata in fabbrica, scoprendo di essere stata licenziata”, Amana Akter racconta ad AsiaNews.

La donna risiede a Savar, un distretto della capitale. Per lei, come per tanti bangladeshi, sarà difficile sopravvivere senza lavoro: “Non so se riuscirò a trovare un altro impiego. Non posso neanche spostarmi e raggiungere il mio villaggio nel nord del Paese”.

Migliaia di storie in Bangladesh sono simili a quella di Amana. Un altro operaio tessile, Rashidul Islam, dice di non ricevere lo stipendio da due mesi. La fabbrica dove lavora non riesce a vendere abbastanza e il suo titolare ha bloccato i pagamenti al personale. Rashidul vive ad Ashulia, vicino Dhaka, ed è padre di due figli. Senza soldi non potrà sfamare la famiglia e pagare l’affitto. Per sopravvivere è costretto a chiedere denaro in prestito.

Babul Akhtar, segretario generale del sindacato nazionale dei lavoratori tessili, ha chiesto ai proprietari delle industrie di pagare i salari e di fermare i licenziamenti. “I titolari delle aziende – sostiene – dovrebbero aiutare gli operai. È una questione di giustizia, ma è anche nel loro interesse”.

Akhtar invita poi i compratori stranieri a non cancellare gli ordini. P. Liton Hubert Gomes, segretario della Commissione episcopale Giustizia e pace, è della stessa idea. Secondo lui il governo deve monitorare con attenzione la situazione nelle fabbriche tessili e fare in modo che gli operai siano trattati con giustizia.

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