Devono tornare dai mariti musulmani le tre ragazze indù costrette a convertirsi
Islamabad (AsiaNews) - Le tre ragazze indù, rapite in febbraio, costrette a convertirsi all'islam e a sposarsi con uomini musulmani, torneranno con i loro mariti. Lo ha annunciato ieri sera la Corte suprema pakistana. Secondo i giudici, le giovani, avrebbero fatto tale scelta di propria volontà, ma le famiglie denunciano le forti pressioni dei gruppi religiosi islamici.
Lo scorso 26 marzo Rinkle Kumari (nella foto), una delle ragazze, aveva espresso ai giudici della Corte il desiderio di ritornare dalla sua famiglia. Davanti al tribunale essa ha affermato che "in questo Paese c'è giustizia solo per i musulmani, agli indù la giustizia è negata. Uccidetemi qui, ora, in tribunale. Ma non rimandatemi alla Darul-Aman [una scuola coranica]... ci ammazzeranno". Anche le altre due giovani, Lata e Asha, avevano espresso il desiderio di ricongiungersi con i propri familiari.
"Questa è una grave ingiustizia - afferma Dilip Kumar, attivista indù - tre settimane fa le ragazze hanno dichiarato di voler tornare dai propri genitori, ma i giudici hanno preferito mandarle in carcere per metterle sotto pressione". Egli sottolinea che se non fossero tornate dai loro mariti i musulmani le avrebbero uccise.
P. Anwar Patras, sacerdote della diocesi di Rawalpindi spiega che in questo modo la Corte si è piegata al volere dei gruppi musulmani che rapiscono e convertono all'islam giovani donne indù e cristiane, costringendole a prostituirsi. "Il governo - afferma - deve lavorare per fare una legge contro le conversioni forzate. È chiaro che le ragazze hanno subito forti pressioni per fare tali dichiarazioni. La Corte suprema era la loro ultima speranza, ma sono state deluse".
Rinkel Kumari, studentessa di 19 anni di fede indù, è stata rapita lo scorso 24 febbraio a Mirpur Mathelo, piccolo villaggio del Sindh (Pakistan sud-orientale) da un gruppo di uomini assoldati da un potente studioso musulmano. Le altre due giovani, Lata e Asha, vengono rapite con lo stesso sistema a Jacobabad e Larkana. Per riavere le loro figlie, i genitori decidono di ricorrere alla Corte suprema, per evitare il tribunale locale in mano alle corti islamiche. Lo scorso 26 marzo le tre giovani compaiono davanti alla Corte, affermando di essere state costrette a convertirsi e di voler tornare dalle proprie famiglie. I giudici decidono però di tenerle in carcere per "riflettere" sulla loro scelta, senza poter incontrare i genitori.
Ogni mese tra le 25 e le 30 giovani subiscono simili soprusi, per un totale annuale di circa 300 conversioni e matrimoni forzati. Ragazze indù - ma anche cristiane - che vengono strappate alla famiglia anche ragazzine e consegnate nelle mani dei mariti/aguzzini.
05/02/2020 15:47