20/03/2014, 00.00
MYANMAR - CINA
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Denunciano una fabbrica cinese di armi chimiche, giornalisti birmani a processo

Quattro reporter e l'editore dello Unity Journal, nato dopo la legge che revocava la censura dei militari in Myanmar, accusati di "aver rivelato segreti di Stato" dopo due inchieste su un'industria segreta (e sotterranea) di gas per uso bellico "sostenuta da Pechino". Rischiano fino a 14 anni di carcere.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Nonostante la nuova legge sulla libertà di stampa, il governo birmano ha arrestato e messo sotto processo quattro giornalisti e il loro editore: sono accusati di aver "diffuso segreti di Stato" dopo aver pubblicato un'inchiesta su una fabbrica di armi chimiche che sarebbe gestita "con il sostegno" del governo cinese. Davanti ai giudici, i cinque si sono dichiarati non colpevoli e hanno chiesto il ritiro delle accuse. Al momento sono ancora in galera, in attesa di una sentenza della Corte distrettuale di Pakkoku.

Gli accusati sono tutti dipendenti dello Unity Journal, edito a Yangon e nato dopo il decreto del 2012 che ha eliminato l'obbligo della censura preventiva da parte delle autorità per gli organi di stampa. Il giornale ha una tiratura di circa 15mila copie settimanali. Nelle ultime settimane, il giornale ha pubblicato due inchieste su una presunta fabbrica di armi chimiche a Pakkoku, nella Divisione Magway (parte centrale del Myanmar).

Secondo l'inchiesta, nel 2009 il governo birmano avrebbe costruito una struttura segreta e sotterranea nella zona per un totale di circa 3mila ettari di tunnel [nella foto la prima pagina del settimanale, che mostra uno degli ingressi ndr]. Qui sarebbe in corso la sperimentazione e la produzione di un arsenale chimico, con l'aiuto di dipendenti cinesi identificati dai giornalisti nella zona. Lei Zhen, addetto dell'ambasciata di Pechino a Yangon, dice di "non avere informazioni" sulla questione; il governo birmano ha smentito gli articoli, sottolineando di "non avere un programma bellico di tipo chimico".

La questione è molto sensibile, dopo la recente distensione internazionale nei confronti del governo birmano nato dopo il passo indietro della giunta militare, che ha prodotto la ripresa degli aiuti umanitari e la revoca delle sanzioni commerciali. Ma tale distensione è collegata in maniera diretta all'atteggiamento dell'esecutivo nei confronti dei diritti umani delle varie etnie birmane. Diversi gruppi indipendentisti hanno più volte accusato il governo di aver usato "gas tossici" contro di loro, ma senza riuscire a produrre prove.

Robert Saw Maung, avvocato di uno dei giornalisti implicati, spiega che la sentenza arriverà "non prima di sei mesi" e che, in caso di colpevolezza, gli arrestati rischiano fino a 14 anni di prigione: "Una sentenza di questo tipo è quasi certa". Shawn Crispin, attivista per la libertà di parole e stampa nell'Asia sud-orientale, aggiunge: "L'arresto e la detenzione di questi giornalisti dimostrano che i militari continuano a muovere i fili nonostante la parvenza di apertura democratica delle autorità". 

 

 

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