Delhi e Pechino, insieme contro l’occidente sui problemi climatici
Mumbai (AsiaNews) -. Le questioni sulla linea di confine; la concorrenza commerciale in Africa; l’appoggio cinese ai guerriglieri nel nord-est dell’India; l’aiuto militare, nucleare e politico al Pakistan: sono questi alcuni dei contrasti fra India e Cina, ma ora stanno avvicinandosi per affrontare assieme la pressione delle nazioni industrializzate sul problema della riduzione delle emissioni di carbonio.
Il primo importante passo per sbloccare il clima di sospetto fra le due nazioni è stato fatto dal defunto Rajiv Gandhi, allora primo ministro, che contro i consigli convenzionali, ha fatto visita a Pechino nel dicembre 1988. In tal modo egli ha rotto il ghiaccio che per 34 anni aveva congelato le relazioni bilaterali. Anche la Cina ha riconosciuto quesl gesto come un passo fondamentale.
Di uguale importanza è stata la visita del primo ministro Manmohan Singh nel gennaio 2008. Ha significato l’impegno dell’India a continuare nella normalizzazione dei rapporti ed ha sottolineato i suoi vantaggi economici.
Sul problema dei confini ci sono stati fin ora 13 incontri, ma l’impressione in India è che la Cina sta guadagnando tempo per consolidare la sua presenza e la sua preparazione militare. Proprio prima del 13° incontro, in agosto, l’ambasciatore cinese a New Delhi, Zhang Yan, ha prestato il suo nome per un articolo molto favorevole sul quotidiano People’s Daily, in cui si diceva che negli anni recenti le relazioni sino-indiane sono migliorate e che le due nazioni sono complementari.
Ma solo due mesi prima, in giugno, un articolo sul Global Times, riportava un attacco aggressivo che rimproverava l’India per mosse militari imprudenti, ammassando forze sul confine dell’Arunachal Pradesh, uno dei confini contestati.
L’articolo di Zhang, più positivo, parla di India e Cina come capaci di influenzare gli affari internazionali prendendo posizioni simili su problemi quali la protezione ambientale, il cambiamento del clima, la sicurezza alimentare ed energetica alla conferenza di Doha sul commercio.
Proprio sui cambiamenti climatici si registrano le maggiori convergenze. In una recente visita in Cina, Jairam Ramesh, ministro indiano delle foreste e dell’ambiente, ha incontrato le autorità cinesi per discutere una strategia comune: dare la colpa alle nazioni con grosse economie per il loro fallimento nel controllare le emissioni di carbonio.
Le nazioni occidentali chiedono sempre più alle nazioni in via di sviluppo di ridurre le emissioni, ma loro stesse non si impegnano a sufficienza. Tutto questo malgrado l’occidente abbia la responsabilità storica ed attuale del maggior volume di gas inquinanti nell’atmosfera.
Anche le promesse fatte alle nazioni in via di sviluppo sono rimaste parole vuole. I Paesi sviluppati hanno promesso di continuo aiuti finanziari sostanziali e trasferimento di nuove tecnologie con sussidi per aiutarli a fare un balzo verso processi di sviluppo più puliti e combattere la povertà.
E invece, il recente Climate Bill negli Usa, cerca di imporre una tassa sul carbonio alle merci importate dai Paesi in via di sviluppo come l’India.
L’India ha appena iniziato a raffinare la sua abilità di negoziare alle conferenze internazionali sul cambiamenti del clima dove da lungo tempo la tendenza era per le numerose e poderose delegazioni occidentali di appropriarsi la conduzione degli affari. Ambedue le nazioni, India e Cina, possono fare fronte comune nelle trattative, dato che rappresentano un terzo della popolazione mondiale.
25/09/2019 11:19