Delhi contro Riyadh: Consegnate il diplomatico accusato di stupro
New Delhi (AsiaNews/Agenzie) - Il governo di New Delhi ha convocato con urgenza l’ambasciatore dell’Arabia saudita e ha richiesto la sua collaborazione sulle indagini nel caso di stupro di due donne nepalesi da parte di un diplomatico di Riyadh. Vikas Swarup, portavoce del ministro degli Esteri indiano, ha dichiarato: “Il diplomatico accusato deve rilasciare una dichiarazione di fronte la polizia”. Mentre si dice innocente, il presunto stupratore si è rifugiato con la famiglia presso i locali dell’ambasciata saudita nella capitale indiana. Nel frattempo una folla di manifestanti si è riunita davanti l’appartamento dell’uomo e ha chiesto che sia fatta giustizia.
Le due donne di origine nepalese, Juna Damai e Gita Tamang (30 e 50 anni, v. foto), sono state salvate lunedì scorso (7 settembre) da un blitz della polizia di Gurgaon [Stato indiano di Haryana, a circa 30 chilometri da New Delhi - ndr], che ha fatto irruzione nella residenza privata del diplomatico saudita. Avvertiti da Maiti India, un’associazione che difende le donne vittime di traffico umano, i poliziotti hanno trovato le donne in gravi condizioni fisiche, segregate in una piccola stanza e usate per soddisfare i piaceri sessuali dell’uomo e dei suoi amici.
Le analisi mediche effettuate dal medico legale hanno confermato segni di stupro e di violenza di vario tipo. Secondo il referto, le donne presentano lividi su tutto il corpo e la più giovane delle due riporta infezioni nelle parti intime.
Le vittime hanno raccontato di aver subito abusi per diversi mesi, anche di gruppo. Per fiaccare la loro resistenza, gli aguzzini le lasciavano a digiuno per giorni interi e le minacciavano di morte. Ieri entrambe sono state riportate in Nepal, da cui erano partite in cerca di lavoro dopo le distruzioni del terremoto del 25 aprile.
I giornali indiani riportano che il caso sta sollevando una crisi diplomatica tra India e Arabia saudita. Riyadh potrebbe acconsentire all’interrogatorio del diplomatico, oppure continuare a negare la colpevolezza del proprio rappresentante. In questo caso farebbe appello all’immunità di cui gode il funzionario in base alla Convenzione di Vienna del 1961, che garantisce l’immunità ad ambasciatori e funzionari di uno Stato estero. Alcuni esperti sostengono che l’Arabia non metterà mai a rischio un proprio funzionario di fronte al sistema giudiziario di un altro Paese e suggeriscono di riportare in patria l’uomo, prima che New Delhi emetta contro di lui un decreto di espulsione in quanto “persona non gradita”. D’altra parte il governo dell’Unione non romperà i legami con il regno saudita, sia perché lì vivono e lavorano circa 3 milioni di indiani sia perché Riyadh è il maggior fornitore di petrolio dal 2001.