25/10/2024, 13.07
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Delhi annuncia accordi sui confini, ma il Ladakh chiede autonomia e protezione dell'ambiente

Nei giorni in cui l'India annunciava di aver raggiunto un'intesa con la Cina sul pattugliamento della frontiera, l'attivista Sonam Wangchuk, 58 anni, metteva fine a uno dei suoi tanti scioperi della fame. I pastori locali, i cui spostamenti erano già stati limitati a causa delle tensioni militari (che secondo gli esperti non diminuiranno) temono la costruzione di una serie di progetti per la produzione di energia.

New Delhi (AsiaNews/Agenzie) - Nei giorni in cui il presidente cinese Xi Jinping e il primo ministro indiano Narendra Modi annunciavano di aver trovato un accordo sul pattugliamento del confine tra i due Paesi nella regione del Ladakh, l’attivista Sonam Wangchuk metteva fine a uno dei suoi tanti scioperi della fame. Ingegnere e ambientalista, da anni chiede a Delhi un governo autonomo per il Ladakh affinché siano le popolazioni tribali locali a prendersi cura del fragile ecosistema himalayano.

Il territorio faceva parte della regione autonoma del Kashmir che nel 2019 venne privata del suo status speciale e divisa tra Jammu e Kashmir - che a inizio mese ha votato per una propria Assemblea legislativa ed è da allora scosso da una serie di attentati nei quali, in due settimane, sono morte almeno 13 persone - e Ladakh, rimasto al contrario sotto il controllo del governo centrale. 

Dopo mesi di negoziati falliti, Sonam Wangchuk, 58 anni, e un gruppo di circa 150 sostenitori a inizio settembre hanno iniziato una marcia verso la capitale, New Delhi, percorrendo in un mese centinaia di chilometri. Da anni chiedono che il governo applichi il sesto allegato della Costituzione indiana, che consente a un’“area tribale” di diventare un “distretto autonomo”, in cui possono essere istituiti consigli regionali con il potere di eseguire in modo indipendente decisioni legislative, giudiziarie, esecutive e finanziarie in determinati ambiti.

Si tratta di un provvedimento già in vigore negli Stati nord-orientali dell’India, abitati da diversi gruppi etnici Anche in Ladakh, come nel nord-est dell’India, il 97% della popolazione appartiene alle tribù ufficialmente riconosciute dal governo. “Il sesto allegato dà alla popolazione locale non solo il diritto, ma anche la responsabilità di preservare il clima, le foreste, i fiumi e i ghiacciai”, aveva detto Wangchuk ai giornalisti durante una simile manifestazione a gennaio di quest’anno.

Arrivati ai confini di Delhi a inizio ottobre, i dimostranti sono stati incarcerati per diverse ore. Dopo il rilascio, Wangchuk e altri hanno iniziato uno sciopero della fame, terminato quando il governo ha garantito la ripresa dei colloqui. Si tratta di uno schema che in realtà di ripete da anni e che finora non ha portato a risultati concreti, ma perlomeno permette a Wangchuk di mantenere alta l’attenzione generale sulla regione, sostengono i commentatori.

Egli stesso, negli anni ‘80 sperimentò l'inefficienza di un sistema scolastico imposto dal governo centrale: “Tutti i libri di testo, persino nelle prime classi della scuola primaria, provenivano da Delhi. Gli esempi erano di culture e ambienti non familiari”, si legge in una nota sul sito web di una scuola da lui co-fondata. “Questi esempi alieni in lingue aliene non facevano altro che confondere i bambini del Ladakh”. 

Laureatosi in ingegneria meccanica, Wangchuk ha realizzato una serie di progetti utili per la popolazione locale, tra cui sorgenti artificiali per immagazzinare l’acqua e una casa a base di fango in grado di mantenere la temperatura a 15 gradi quando fuori è a -15. 

Da tempo il Ladakh è al centro delle politiche di sviluppo infrastrutturale del governo indiano, che ritiene la regione strategica per la sua posizione tra il Pakistan e la Cina, considerate potenze rivali. Di recente è stata autorizzata la costruzione di autostrade, progetti energetici e infrastrutture militari. “Non ci opponiamo allo sviluppo. Vogliamo una crescita sostenibile”, ha affermato Wangchuk a riguardo. I manifestanti che hanno accompagnato l’ingegnere ambientalista nella marcia verso Delhi sostengono che questi progetti non portino benefici alla popolazione locale. “Le nostre risorse naturali vengono sfruttate. La disoccupazione è molto alta. Gli imprenditori locali sono infelici. Quindi, a chi è destinato questo sviluppo?”, ha commentato un dimostrante, Haji Mustafa, alla Bbc.

I pastori locali (chiamati changpas) temono in particolare la costruzione di centrali per le energie rinnovabili nell’altopiano di Changthang che, occupando centinaia di chilometri quadrati di terreno, rischiano di ostacolare i pascoli e mettere fine alle loro attività. L’energia elettrica prodotta dalle centrali verrà trasmessa allo Stato dell’Haryana e da lì allacciata alla rete nazionale, ma per il resto non sono disponibili informazioni riguardo le aziende che dovranno sviluppare il progetto. 

Negli ultimi cinque anni, l’accesso dei changpas ai pascoli è stato limitato dalle tensioni lungo il confine con la Cina. Dopo che Delhi e Pechino hanno annunciato di aver trovato un accordo sul pattugliamento della frontiera comune, questa mattina alcuni funzionari della difesa indiani hanno riferito di aver iniziato il ritiro di attrezzature ed equipaggiamenti dalle pianure di Demchok e Depsang, nel settore orientale del Ladakh, ma alcuni esperti hanno sottolineato che si tratta di tende e strutture temporanee, indicando che gli attuali assetti militari resteranno intatti.

Anche i commentatori di questioni militari hanno evidenziato che il disimpegno di cui ha parlato l’India nei giorni scorsi non equivale a una de-escalation: “Significa che lo scontro non è più presente a Depsang e Demchok”, ha detto a Scroll l’analista Pravin Sawhney. “Non significa che la Cina abbia abbandonato l'area che ha occupato nel 2020. Significa solo che ci hanno permesso di pattugliare quelle aree informandoli. Niente di più”.

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