Delhi, nuovi progetti per le minoranze. Sajan K George: Dalit cristiani dimenticati
Il governo dell’Unione ha svelato il programma dal titolo “Emancipazione senza rassegnazione e sviluppo con dignità”. Le autorità riconoscono sei gruppi minoritari: musulmani, sikh, cristiani, giainisti, buddisti e parsi. I cristiani dalit esclusi dalle quote riservate da un Ordine presidenziale del 1950.
Mumbai (AsiaNews) – Il governo indiano ha presentato i nuovi programmi di sviluppo rivolti alle minoranze religiose del Paese. Ieri Mukhtar Abbas Naqvi, ministro dell’Unione per gli affari delle minoranze, ha rivelato nella Lok Sabha [Camera bassa del Parlamento, ndr] il nuovo mantra: “Empowerment without appeasement and development with dignity” (“Emancipazione senza rassegnazione e sviluppo con dignità”).
I programmi, ha sottolineato il ministro, sono rivolti a sei gruppi minoritari: musulmani, sikh, cristiani, giainisti, buddisti e parsi. Ad AsiaNews Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), dichiara: “Accogliamo con favore lo ‘sviluppo con dignità’, ma che ne è dei 12 milioni di dalit cristiani che sono privati dei posti riservati?”.
Secondo il ministro Naqvi, “non esiste nemmeno un singolo distretto del Paese in cui le minoranze non beneficino dei programmi di welfare avviati dal governo di [Narendra] Modi fin dal 2014. Noi crediamo nell’emancipazione senza sosta e nello sviluppo con dignità”. Il funzionario poi ha mostrato le cifre che negli ultimi tre hanno ha speso il ministero da lui diretto per i programmi di sostegno alle minoranze: 38,27 miliardi di rupie (493,6 milioni di euro) nel 2016-2017; 41,95 miliardi di rupie (541,1 milioni di euro) del 2017-2018; 47 miliardi (606,3 milioni di euro) nel 2018-2019.
Secondo Sajan K George, il nuovo programma è una buona iniziativa, ma “i cristiani dalit subiscono ancora la più grande privazione di giustizia perché vengono negati loro i benefici delle azioni affermative [verso le caste svantaggiate degli altri gruppi religiosi]”. Il leader cristiano cita l’Ordine presidenziale del 1950, che stabilisce che “nessuna persona che professa una professione diversa dall’induismo deve essere considerata membro delle caste svantaggiate”.
In seguito, il paragrafo 3 è stato modificato, “in modo da includere anche i sikh e i buddisti. Tuttavia musulmani, cristiani, giainisti e parsi sono ancora esclusi dai vantaggi [riservati alle caste più basse della piramide sociale indiana]”. Secondo lui, i dalit cristiani “continuano a subire una doppia discriminazione. Il sistema delle caste non è solo un sistema religioso, ma anche socio-economico. Se un crimine viene compiuto contro i dalit indù, sikh o buddisti, essi possono ricorrere alle previsioni legali. Lo stesso non avviene per dalit cristiani, che non vengono considerati tra le caste svantaggiate. Pertanto essi sono esposti a forme di oppressione, sfruttamento e atrocità”. “Senza i benefit legali al sistema di quote riservate – conclude – l’emancipazione dei dalit cristiani sembra desolante”.
08/11/2018 12:29