Delhi, lavoratori migranti terrorizzati dal coronavirus e dalla mancanza di lavoro
Ad oggi i dati ufficiali mostrano 1637 casi positivi e 38 morti. Ma gli esperti prevedono fino a 300milioni di contagiati. I lavoratori migranti a giornata rimasti senza lavoro, senza casa, senza cibo. P. Frederick D’Souza e i suoi fedeli offrono soldi e cibo ai muratori nello slum vicino alla parrocchia. “Una migrazione vastissima e senza precedenti. Temo che causerà una tragedia, una catastrofe umana”.
New Delhi (AsiaNews) – Decine di migliaia di lavoratori migranti sono bloccati nella capitale senza lavoro, senza casa, senza cibo. La decisione del premier Narendra Modi di chiudere fabbriche, negozi, cantieri, ristoranti e bloccare i trasporti per prevenire la diffusione del nuovo coronavirus, istilla terrore. Fino ad oggi, i dati ufficiali mostrano 1637 casi positivi e 38 morti. Ma il sovraffollamento di molte città e la mancanza di sufficienti strutture sanitarie fa temere per il peggio. Nei giorni scorsi, centinaia di milioni di persone lasciate senza lavoro, hanno iniziato un esodo di enormi dimensioni.
P. Frederick D’Souza, già direttore di Caritas India e oggi parroco della chiesa di s. Alfonso a Vasant Kunj (Delhi sud), racconta ad AsiaNews il dramma dei migranti e il modo in cui i suoi parrocchiani cercano di aiutarli: “A causa del lockdown [la chiusura] i migranti hanno perso il lavoro e questo li terrorizza. C’è terrore perché vengono a sapere quanta gente è già morta a causa del virus; c’è terrore perché non sanno fino a quando tutto questo durerà e come potranno mangiare”.
I sacerdoti della parrocchia e alcuni volontari vanno ogni giorno a visitare gli alloggi di fortuna dove i migranti sono ammassati. “I migranti – continua - sono lavoratori a giornata e avendo perso il lavoro hanno anche perso la paga. Stiamo cercando di aiutarli, anzitutto incoraggiandoli a non tornare indietro ai loro villaggi d’origine, ma a rimanere in città da qualunque parte, per la loro stessa sicurezza. Noi sacerdoti e tutti i parrocchiani distribuiamo soldi a tutti loro, almeno per l’acquisto di qualche cibo, soprattutto per i lavoratori edili che qui vivono in una baraccopoli. Incontriamo tutte le persone dello slum consigliando loro di non migrare. Loro vorrebbero tornare ai loro villaggi, stare con le loro famiglie, piuttosto che essere dispersi e senzatetto qui a Delhi”.
Il sacerdote spiega che decine di migliaia di essi sono giunti da altre città e sostano a Delhi sperando di poter tornare ai loro villaggi con qualche mezzo di fortuna. Molti di loro affrontano a piedi percorsi di centinaia di chilometri.
“Il governo – spiega p. Frederick – sta distribuendo cibo ai migranti, anche a quelli che sono di passaggio per andare in altri Stati. Ma tutti si domandano: fino a quando il governo ci darà da mangiare? C’è un grande senso di insicurezza”.
L’isolamento imposto a una nazione di 1,3 miliardi di persone è quasi totale. Chi si muove per strada deve avere un permesso. Anche per aiutare i migranti occorre un permesso (pass). “Quando andiamo a trovarli abbiamo bisogno del pass, che ci viene dato su Whatsapp. D’altra parte lo slum dei migranti è vicinissimo alla parrocchia, si può raggiungerlo a piedi”.
P Frederick parla della generosità dei suoi parrocchiani: “La parrocchia di prende cura delle spese per il cibo ai migranti, ma anche tanti nostri fedeli lo fanno. Non siamo una parrocchia ricca, ma una parte di loro ha un lavoro stabile e sono felici di dare un contributo. Anche tanti nostri amici all’estero mandano aiuti”.
P. D’Souza è stato direttore di Caritas India e in passato ha visto altre migrazioni nel Paese. “Questa – dice – è una migrazione dettata dalla paura; non è come le altre, dettate dal bisogno e necessarie. Forse poteva essere evitata. È una migrazione vastissima e senza precedenti. Temo che causerà una tragedia, una catastrofe umana”.
Secondo alcuni esperti, la vastità del territorio, l’enorme popolazione e le sacche di povertà estrema potrebbe causare il contagio di 300 milioni di persone.