Decade l’accusa di “errata gestione” contro Iftikhar Chaudhry
Islamabad (AsiaNews/Agenzie) – Il governo ha ritirato le accuse di “errata gestione” mosse a carico di Iftikhar Chaudhry, ex presidente della Corte Suprema, sospeso e messo in stato d’accusa dal generale Musharraf lo scorso 9 marzo. La decisione di allontanare il giudice - ritenuto il principale candidato di opposizione al generale - era stata presa dal presidente pakistano in persona, scatenando nel Paese una lunga serie di proteste popolari guidate dalle Unioni avvocati e dai parlamentari dell’opposizione.
Il governo non ha voluto formalizzare in modo ufficiale le accuse a carico di Chaudhry, ma secondo fonti della stampa la principale sarebbe “l’abuso d’ufficio”: approfittando della posizione privilegiata egli “avrebbe utilizzato la sua influenza per trovare un lavoro al figlio all’interno degli ambienti governativi”.
Dopo la rimozione di Chaudhry, gli ordini forensi hanno tenuto scioperi dalle udienze e manifestazioni nelle maggiori città, a partire dal 12 marzo e con un giorno di completa protesta il 13 marzo. La polizia ha risposto con la violenza: il 16 marzo a Islamabad ha devastato l’ufficio di una televisione privata che trasmetteva le proteste dei legali durante la comunicazione di una relazione del presidente Musharraf contro Chaudhry.
Fra i capi di imputazione contro l’ex presidente della Corte suprema, l’accusa ha tolto il paragrafo 34; Aitzaz Ahsan, avvocato della difesa, auspica che il governo decida di “ritirare tutti i procedimenti a carico di Chaudhry”. Secondo il legale del presidente Musharraf sono stati ritirati anche altri capi di imputazione, fra i quali “aver depositato sentenze scritte che contrastavano con quanto emesso al termine dei processi”. Egli ha inoltre affermato che il giudice “avrebbe accettato somme di denaro per falsificare l’esito dei procedimenti”, senza peraltro aggiungere ulteriori dettagli. Il mese scorso il governo ha depositato presso la Corte suprema altri capi di imputazione a carico di Iftikhar Chaudhry, fra i quali “intimidazioni, minacce ai giudici e faziosità”.