14/03/2025, 11.31
LIBANO - ISRAELE - SIRIA
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Damasco con drusi e curdi nel difficile cammino all’unità. Ma resta il nodo alawiti

di Fady Noun

L’adesione condizionata dei due gruppi al potere centrale è un segno importante per la Siria di Ahmed al-Sharaa, pur a fronte di una diffusa fragilità. La bozza di Costituzione pone comunque la Sharia al centro della legislazione. Il canto delle sirene di Israele verso i drusi continua a Soueida. I massacri “nell’area alawita” oscurano il quadro.

 

Beirut (AsiaNews) - Da 13 anni suddivisa in zone di influenza a causa della guerra civile, la Siria sta per ritrovare - seppure a fatica - la propria unità territoriale originaria. In particolare, il progressivo e condizionale riallineamento dei curdi e dei drusi alla nascente Repubblica, con l’approvazione della Costituzione provvisoria, ne sono i due segni pacifici più recenti, al netto delle violenze della scorsa settimana contro alawiti (e cristiani). Lo spargimento di sangue che ha causato grande dolore nella “componente alawita” del Paese (colpendo anche la minoranza cristiana), seguita alla rivolta dei sostenitori di Bashar al-Assad fedeli all’ex dittatore, è il segnale che la partita non è ancora conclusa e molti restano i nodi irrisolti.

Già ieri gli osservatori hanno notato una nuova promessa di riunificazione nella bozza della nuova Costituzione, resa pubblica da Damasco nella sua prima versione. In essa viene sancito il principio della separazione dei poteri, pilastro di ogni democrazia, ma la giurisprudenza islamica rimane “la fonte principale” della legislazione e la fede musulmana la religione del Presidente. Al riguardo, l’amministrazione curda ha già espresso riserve in merito a questo testo.

Comunità curda e Fds

Il principale passo verso l’unità è venuto dalla comunità curda, in seguito alla decisione delle Forze democratiche siriane (Fds) di integrare gradualmente tutte le istituzioni della nuova Repubblica entro la fine dell’anno. Questo accordo a sorpresa tra il presidente ad interim della Siria Ahmed al-Sharaa e il capo delle Fds, Mazloum Abdi, deve essere attribuito all’amministrazione Usa di Donald Trump. Al contempo la Turchia, da parte sua, non è del tutto rassicurata perché teme la formazione di brigate composte interamente da curdi.

Emarginati e repressi sotto il regime della famiglia Assad, i curdi sono stati privati per decenni del diritto di parlare la loro lingua, di celebrare le loro feste e, per un gran numero di loro, della nazionalità siriana. Durante la guerra civile iniziata nel 2011, nel nord-est del Paese è stata istituita un’amministrazione autonoma, con proprie istituzioni educative, sociali e militari. Questa sorta di governo, sostenuto dagli Stati Uniti, controlla vasti territori nel nord e nell’est della Siria, che sono ricchi di grano, petrolio e gas, risorse cruciali per le autorità di Damasco in questo periodo di ricostruzione. E il suo braccio armato ha svolto un ruolo chiave nella lotta contro il gruppo jihadista Stato Islamico (SI, ex Isis), sconfitto nella sua ultima roccaforte nel 2019.

Accolto con favore dai curdi siriani, dalla Turchia e dall’Arabia Saudita, l’accordo arriva quasi due settimane dopo lo storico appello del leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk, curdo turco), Abdullah Öcalan, a sciogliere il partito e a rinunciare alla lotta armata. In Siria i curdi rappresentano circa il 10% della popolazione, ma sparsi tra Turchia, Iraq, Siria, Iran e persino Armenia, ve ne sono tra i 30 e i 35 milioni.

Il fronte druso

Anche per la popolazione drusa di Soueida e Jebel Druze la tendenza è verso l’integrazione, dopo la conclusione a Damasco di un memorandum di intesa (MoU) tra il presidente ad interim al-Sharaa e i notabili drusi del governatorato. L’accordo prevede la piena, ma graduale integrazione di questa regione confinante con Israele nelle istituzioni dello Stato siriano. Inoltre, i meccanismi di sicurezza del governatorato di Soueïda saranno collegati al ministero siriano degli Interni e le forze di polizia locali composte dalla popolazione della provincia. Tuttavia, il governo di Damasco nominerà un governatore e un capo della polizia che non saranno necessariamente della provincia. Ciò che vale per Jebel Druze varrà anche per la città di Jaramana.

Naturalmente, vi sono ancora molti elementi che risultano al momento oscuri o contraddittori soprattutto sulle reali intenzioni di Israele, che continua a corteggiare la comunità drusa, offrendo lavoro agricolo ai suoi membri e sbandierando i vantaggi della nazionalità israeliana. Oggi, 14 marzo, una delegazione di decine di religiosi drusi siriani si prepara a recarsi in Israele per un pellegrinaggio religioso, il primo dalla creazione dello Stato di Israele nel 1948 come riferisce l’Afp. Tuttavia questa visita sta incontrando la “forte opposizione” dello sceicco Hikmat el-Hajari, il leader spirituale dei drusi siriani. “Israele sta perseguendo un gioco pernicioso: mercantilismo in cambio di valori” afferma ad AsiaNews il deputato Martwan Hamadé, per il quale i drusi “sono e continueranno a essere i campioni dell’arabismo”.

Questi progressi sono stati oscurati da un’avventura insurrezionale senza futuro dei sostenitori dell’ex dittatore Bashar al-Assad nelle città di Latakia, Tartous, Jablé, Banias e Cordaha, sulla costa mediterranea della Siria. In seguito agli scontri tra queste milizie e le forze del nuovo regime siriano, sono stati commessi massacri per rappresaglia da parte di gruppi incontrollati appartenenti alla coalizione al potere. Quasi 1.400 persone, perlopiù alawite la maggioranza in questa regione, sono state vittime di questa follia omicida, che ha provocato anche diverse vittime fra i cristiani. La regione avrà bisogno di tempo per riprendersi da questo shock e dalle sue conseguenze, soprattutto in termini di esodo dei cristiani dalla Siria, già in atto da diverso tempo e che ha decimato la comunità, come nel vicino Iraq.

Secondo i servizi di sicurezza, quasi 10mila alawiti hanno trovato rifugio in Libano. Questi sviluppi sollevano due questioni essenziali: in primo luogo, mettono Ahmed al-Sharaa di fronte alla sfida posta dalle frange più radicali dei suoi sostenitori; in secondo luogo, sollevano interrogativi sul numero di sostenitori armati di Assad ancora nascosti nel Paese.

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