Damasco, personalità cristiana: cambiamento, ma non al prezzo di una guerra civile
Assad ha denunciato un complotto contro la Siria e promette emendamenti alla Costituzione. L’opposizione manifesta contro le aperture del presidente, bollate come “non sufficienti” anche dall’omologo turco Gul. Fonti di AsiaNews: il futuro è incerto, il Paese subisce una “pressione internazionale premeditata”; serve maggiore equilibrio di Occidente e media.
Damasco (AsiaNews) – “Vogliamo il cambiamento, ma non al prezzo del sangue e di una guerra civile”. È quanto dichiara ad AsiaNews una fonte cristiana a Damasco, che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza. Il popolo invoca “riforme e lotta contro la corruzione”, ma vi è anche il timore che la situazione possa degenerare. Ieri intanto Bashar al-Assad ha tenuto un discorso alla nazione, il terzo dopo due mesi di silenzio. L’opposizione interna ha criticato con forza le parole del presidente siriano, che sono state giudicate “non sufficienti” anche dall’omologo turco Gul e dal blocco occidentale.
Bashar al-Assad ha parlato dall’aula magna dell’università di Damasco, in un discorso durato circa 70 minuti e trasmesso in diretta dalla tv di Stato. Tre i punti salienti del discorso del presidente: in primis egli ha ammesso che la Siria vive “giorni difficili” a causa di un complotto ordito da “intellettuali blasfemi” e “stranieri, che minacciano l’unità nazionale e rischiano di far crollare l’economia". Poi annuncia la creazione di un comitato di 100 saggi, chiamati a studiare alcuni emendamenti alla Costituzione. Infine promette “cambiamenti graduali”, in un processo che di dovrebbe concludere entro settembre o, al massimo, la fine dell’anno.
Le parole di Assad sono respinte al mittente dall’opposizione interna, che a pochi minuti dalla fine del discorso è scesa in piazza a manifestare in diverse città: nelle vie di Aleppo, Homs, Hama, Lattakia i dimostranti hanno intonato slogan contro il regime, rivendicando maggiore “dignità e libertà”. Critiche al presidente siriano giungono anche dall’omologo turco Abdullah Gul, che bolla come “non sufficiente” l’impegno promesso da Assad, concedendo “una settimana di tempo per attuare le riforme”. Intanto l’Unione europea prepara un nuovo giro di sanzioni contro Damasco, mentre continua l’emergenza profughi (quasi 9mila) lungo i confini con la Turchia.
Commentando le parole del presidente, la fonte di AsiaNews parla di “situazione non facile”, perché Assad “vuole realizzare le riforme, ma l’opposizione non intende aspettare, chiede subito cambiamenti”. Quello che ha proposto, spiega, “non si può realizzare dall’oggi al domani” e al momento “non è possibile ipotizzare gli sviluppi futuri”, perché “tutto dipende da come la situazione evolverà”. La personalità cristiana denuncia una “pressione internazionale premeditata”, ovvero “critica a prescindere” perché “qualunque apertura non sarebbe sufficiente” ai loro occhi.
Per la fonte, a Damasco emerge “la sensazione che i mezzi di comunicazione gonfino le notizie, la realtà, perché vogliono cambiare” il regime. Dal fronte interno si intravede “la volontà di ricomporre un nuovo Medio oriente” che viene rimodellato “su una base di natura religiosa”, come è avvenuto in Iraq dove “i cristiani sono fuggiti per la paura” e sono fra gli obiettivi di attacchi.
La fonte di AsiaNews lancia infine un appello ai mezzi di comunicazione e all’Occidente perché “riflettano di più prima di intervenire”. “Tutti vogliamo riforme e lotta contro la corruzione – chiarisce – vogliamo il cambiamento, ma non attraverso il sangue e la guerra civile”. Perché se è vero che vi sono scontri, manifestazioni e morti, conclude, è altrettanto vero che questi episodi sembrano “fomentati” dall’esterno.(DS)
Bashar al-Assad ha parlato dall’aula magna dell’università di Damasco, in un discorso durato circa 70 minuti e trasmesso in diretta dalla tv di Stato. Tre i punti salienti del discorso del presidente: in primis egli ha ammesso che la Siria vive “giorni difficili” a causa di un complotto ordito da “intellettuali blasfemi” e “stranieri, che minacciano l’unità nazionale e rischiano di far crollare l’economia". Poi annuncia la creazione di un comitato di 100 saggi, chiamati a studiare alcuni emendamenti alla Costituzione. Infine promette “cambiamenti graduali”, in un processo che di dovrebbe concludere entro settembre o, al massimo, la fine dell’anno.
Le parole di Assad sono respinte al mittente dall’opposizione interna, che a pochi minuti dalla fine del discorso è scesa in piazza a manifestare in diverse città: nelle vie di Aleppo, Homs, Hama, Lattakia i dimostranti hanno intonato slogan contro il regime, rivendicando maggiore “dignità e libertà”. Critiche al presidente siriano giungono anche dall’omologo turco Abdullah Gul, che bolla come “non sufficiente” l’impegno promesso da Assad, concedendo “una settimana di tempo per attuare le riforme”. Intanto l’Unione europea prepara un nuovo giro di sanzioni contro Damasco, mentre continua l’emergenza profughi (quasi 9mila) lungo i confini con la Turchia.
Commentando le parole del presidente, la fonte di AsiaNews parla di “situazione non facile”, perché Assad “vuole realizzare le riforme, ma l’opposizione non intende aspettare, chiede subito cambiamenti”. Quello che ha proposto, spiega, “non si può realizzare dall’oggi al domani” e al momento “non è possibile ipotizzare gli sviluppi futuri”, perché “tutto dipende da come la situazione evolverà”. La personalità cristiana denuncia una “pressione internazionale premeditata”, ovvero “critica a prescindere” perché “qualunque apertura non sarebbe sufficiente” ai loro occhi.
Per la fonte, a Damasco emerge “la sensazione che i mezzi di comunicazione gonfino le notizie, la realtà, perché vogliono cambiare” il regime. Dal fronte interno si intravede “la volontà di ricomporre un nuovo Medio oriente” che viene rimodellato “su una base di natura religiosa”, come è avvenuto in Iraq dove “i cristiani sono fuggiti per la paura” e sono fra gli obiettivi di attacchi.
La fonte di AsiaNews lancia infine un appello ai mezzi di comunicazione e all’Occidente perché “riflettano di più prima di intervenire”. “Tutti vogliamo riforme e lotta contro la corruzione – chiarisce – vogliamo il cambiamento, ma non attraverso il sangue e la guerra civile”. Perché se è vero che vi sono scontri, manifestazioni e morti, conclude, è altrettanto vero che questi episodi sembrano “fomentati” dall’esterno.(DS)
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