11/01/2019, 10.46
SIRIA
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Damasco, il Natale dei bimbi cristiani e musulmani: un dono, oltre le ferite della guerra

di Sandra Awad*

Una festa di luci e ombre, fra vie addobbate, alberi illuminati e quartieri ancora al buio per mancanza di elettricità. Una sfilata con canti e balli, per riportare una felicità dimenticata a causa del conflitto. Quando la voglia di riscatto supera le menomazioni causate dal conflitto. Il racconto ad AsiaNews della responsabile comunicazione Caritas Siria. 

Damasco (AsiaNews) - Un Natale di luci e ombre, fra il desiderio di lasciarsi alle spalle le violenze del passato e le ferite ancora aperte di un conflitto che - questa è la speranza di tutti, cristiani e musulmani - sembra avviarsi a una conclusione. Le contraddizioni di una capitale illuminata a festa e quartieri senza luci elettriche. La gioia dei bambini (musulmani), che portano impresse sulla pelle le ferite della guerra, per un giocattolo inaspettato fonte di speranza per un futuro di pace e unità. A raccontare le feste a Damasco è Sandra Awad, responsabile comunicazione di Caritas Siria, sposata e madre di due figli.
Ecco, di seguito, la sua testimonianza. Traduzione a cura di AsiaNews.

In queste feste di Natale ho sperimentato uno stato di isteria e una serie di emozioni in contraddizione fra loro, che non sembrava avere fine. 

Un giorno ho portato con me i bambini a giro per la città a vedere le decorazioni di Natale, e mi sono scoperta a fissare le luci splendenti delle strade e sui balconi. Mi sono sentita soffocare. Non potevo fare a meno di ricordare la voce triste di mio marito, che mi parlava della mancanza di elettricità nel suo laboratorio a Sahnaya, perché quella come molte altre aree alla periferia di Damasco ricevono - quando va bene - elettricità poche ore al giorno. 

Qualche minuto più tardi, siamo passati accanto a un albero i cui addobbi - secondo alcune voci - sarebbero costati circa un milione di lire siriane (poco meno di 1700 euro), se non due. E ancora quella sensazione di soffocamento. Vi sono bambini che frequentano scuole devastate, altri che vivono in abitazioni senza porte, né finestre, senza acqua né elettricità. 

All’improvviso, la voce gioiosa di mio figlio mi ha distolto dai pensieri cupi: avevamo raggiunto il grande albero di Natale. In quel momento sono giunti i partecipanti a una sfilata di carnevale, organizzata dagli scout di una locale chiesa. Bambini e giovani che camminavano per strada, a dispetto del grande freddo, con indosso speciali uniformi, bandiere e intonando canzoni di natalizi. Mi sono domandata: “Ma qualcuno di questi bambini sa che è la nascita di Gesù, non carnevale?”.  

Prima della guerra mi arrabbiavo quando si pensava agli aspetti più superficiali della festa: cosa mangiare, come vestirsi, dove trascorrere la notte, quali doni prendere, dimenticando che il Natale è la celebrazione della nascita di Gesù. Poi è arrivata la guerra, ma abbiamo imparato qualcosa dal conflitto? Credevo che la guerra avesse preso con sé gli aspetti esteriori, aiutandoci a concentrarci sugli elementi più profondi.

Due giorni fa, dopo aver visitato alcuni parenti, una anziana signora ha pronunciato una frase che mi ha fatto osservare le cose da una prospettiva diversa: “Ha visto il carnevale? Da togliere il fiato! Ci hanno riportato la gioia. Abbiamo sperimentato sin troppa tristezza e sofferenze nel recente passato”. Sono rimasta in silenzio. La gente ha bisogno di uscire dal clima della guerra e il Paese stesso ha bisogno di sanare le ferite e andare oltre. 

In mezzo a queste mille contraddizioni, assieme ai colleghi della Caritas ho deciso di vistare alcune famiglie bisognose nei sobborghi di Kashkool e Jaramana, per dare loro un piccolo aiuto in occasione del Natale. Per l’ultima famiglia [nella foto, musulmani originari della provincia di Aleppo] era rimasto un gioco da dare ai figli maschi (un Meccano) e una bambola per la bimba di due anni. 

Quando siamo arrivati abbiamo realizzato quanto fosse sbagliato il Meccano, perché due dei tre figli maschi hanno riportato gravissime ustioni a causa della guerra; uno di loro ha perso le dita per le bruciature, dunque non avrebbe mai potuto utilizzare il giocattolo. Ciononostante, avreste dovuto vedere i loro volti: erano più belli di qualsiasi decorazione o luce di Natale per le vie di Damasco. 

Più tardi, dalla loro mamma, abbiamo saputo che non avevano mai ricevuto un giocattolo prima di allora. Per questo, con alcuni amici, mi sono ripromessa di portare un qualcosa di più adatto a loro. L’indomani abbiamo preso un pallone e una lavagna speciale e siamo tornati. Era la vigilia di Natale, non avevamo tempo per una nuova visita; abbiamo chiesto alla madre di raggiungerci all’inizio della via, per prendere i doni da consegnare ai figli. 

All’improvviso l’abbiamo vista sopraggiungere con i bambini, che volevano mostrarci la loro sorpresa. Uno dei figli, con menomazioni, aveva creato una macchina con il Meccano. Mostravano il gioco come fosse un trofeo, con gli occhi che brillavano per l’orgoglio, la gioia, l’enorme felicità... Questi occhi brillanti avevano acceso la luce [del Natale] e solo in quel momento mi sono sentita pervasa da una grande calma, che aveva spazzato via l’isteria dei giorni precedenti.

* Responsabile comunicazione Caritas Siria

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