Dalla capitale a Saada, decine di ciclisti yemeniti in strada per la pace
L’obiettivo dell’iniziativa è lanciare un messaggio di unione e distensione dopo sette anni di guerra. Lo sport come strumento di pace e di dialogo, ma sul terreno la situazione appare sempre più critica. Fonti di AsiaNews: il Paese “sembra andare verso una nuova divisione della nazione in due, se non addirittura in più parti”.
Sana’a (AsiaNews) - Una iniziativa di pace in una nazione martoriata da sette anni di guerra e dimenticata dalla politica globale, che sembra impotente nel trovare una soluzione al conflitto mentre la popolazione soffre una delle peggiori crisi umanitarie al mondo. Ieri decine di ciclisti yemeniti sono scesi per le strade della capitale, con un obiettivo comune: percorrere a bordo delle due ruote il tragitto che separa la capitale Sana’a dalla provincia di Saada, lanciando un messaggio di unione e di distensione, per mettere fine a sette anni di spargimenti di sangue.
Saada si trova nel nord dello Yemen, viene considerata la roccaforte dei ribelli sciiti (filo-iraniani) Houthi in guerra contro la coalizione araba guidata dai sauditi, che sostiene il governo in esilio riconosciuto dalla comunità internazionale. La regione è fra quelle più devastate dal conflitto e a nulla sono valsi, sinora, gli sforzi per rilanciare il dialogo fra le parti in lotta.
La situazione nel Paese del Golfo appare sempre più critica, tanto che una fonte diplomatica interpellata da AsiaNews afferma che “lo Yemen sembra andare verso una nuova divisione della nazione in due, se non addirittura in più parti” e l’obiettivo “di unità” è sempre più lontano. La corsa in bicicletta vuole essere una risposta di pace e distensione, come racconta Mohammed al-Jidadi, uno dei circa 40 partecipanti, mentre appronta gli ultimi preparativi al suo mezzo. “Andiamo a Saada - racconta all’Afp - per diffondere un messaggio di pace!”.
La guerra in Yemen è divampata nel 2014 come scontro interno fra governativi filo-sauditi e ribelli sciiti Houthi, vicini a Teheran. Degenerata nel marzo 2015 con l’intervento diretto di Riyadh, ha fatto registrare oltre 10mila morti e 55mila feriti. Organismi indipendenti fissano il bilancio (fra gennaio 2016 e fine luglio 2018) a circa 57mila decessi. Per le Nazioni Unite il conflitto ha provocato la “peggiore crisi umanitaria al mondo”, sulla quale il Covid avrebbe effetti “devastanti”; milioni di persone sono sull’orlo della fame e i bambini subiranno le conseguenze per i prossimi 20 anni. Numerose fabbriche, scuole, ospedali e imprese pubbliche e private sono andate distrutte o perdute, minando alla base l’intero sistema economico della nazione.
In questo panorama di devastazione, i ciclisti sperano con il loro viaggio di dare una nuova linfa alle flebili speranze di pace. “Il nostro messaggio al mondo - aggiunge Mohammed al-Harazi, un altro dei partecipanti - è che esiste uno sport di pace” capace di unire la nazione. “Non vogliamo - conclude - che il ciclismo sia limitato a una provincia. Al contrario, vogliamo inviare a tutte le province il messaggio che il ciclismo deve raggiungere tutte le nazioni”.