Da Shanghai a Roma, la gioia di essere prete nell’Anno sacerdotale
di Matteo Chu, sj
La testimonianza di p. Matteo Chu, 27 anni di lavori forzati in Cina, ora sacerdote a Taiwan, felice di essere a Roma per celebrare la conclusione dell’Anno sacerdotale. Un appello e una preghiera per i sacerdoti della Cina popolare.
Roma (AsiaNews) – “Seguimi”: queste parole di Gesù hanno motivato Matteo, un impiegato delle tasse che sedeva al banco, di alzarsi e seguirlo.
Sessanta anni fa ho compiuto i miei studi superiori. Ho avuto lo stesso pensiero e determinazione di Matteo nel seguire Gesù e così sono entrato nel seminario di Xujiahui a Shanghai. Tre anni dopo, sebbene come seminarista non ero coinvolto in alcun tipo di politica, sono stato coinvolto nel terremoto politico successo l’8 settembre 1955 (quando il vescovo di Shanghai, mons. Ignatius Gong Pinmei e 200 sacerdoti sono stati imprigionati), e io stesso sono finito in prigione per Gesù Cristo.
Per 27 anni di prigionia alla riforma-attraverso-il-lavoro [i lavori forzati – ndr] ho piantato, mietuto, raccolto fango, spinto carrette, allevato api in una grande fattoria. Il piano di Dio era di provare la mia vocazione. Egli mi guardava e diceva: “Ora sei in prigione. Vuoi davvero seguire Gesù?”.
Negli ultimi dieci anni di lavori forzati nei campi, mi sono conquistato un po’ di libertà. Mi ricordo che in quel tempo potevo ascoltare in segreto i programmi radio in mandarino della Radio Vaticana. La mia vita spirituale, la conoscenza dell’insegnamento della Chiesa, le notizie sulla Chiesa, tutto dipendeva dalla radio, che mi ha aiutato a nutrire la mia spiritualità, facendomi divenire sempre più forte. Come questo è avvenuto è un mistero.
Signore Gesù! La mia volontà è pronta. Vorrei un giorno essere fuori dalla prigione e ti seguirei ancora più da vicino.
La mano di Dio mi ha guidato pian piano verso gli Stati Uniti, dove per un anno ho accompagnato il vescovo Gong, lo assistevo nelle sue messe e conversavo con lui. In quel periodo sono anche andato a scuola per imparare la liturgia della Chiesa.
San Matteo si è alzato e ha seguito Gesù. E io ho deciso di andare a Taiwan, per entrare nella facoltà di teologia dell’università Fu Jen e studiarvi per quattro anni.
Sono stato ordinato prete all’età di 60 anni nella chiesa della Sacra Famiglia a Taipei. Mia mamma, 95enne e i miei quattro fratelli dalla Cina (sulla sponda opposta dell’isola di Taiwan) sono riusciti ad essere presenti alla mia ordinazione. È stato un miracolo che essi fossero tutti presenti. È stata la grande grazia che il Signore ha offerto alla mia famiglia. Alla messa per l’ordinazione, io ho espresso la mia più profonda gratitudine a Dio e ho promesso di essere leale con il mio ministero sacerdotale e di testimoniare il mio ministero di sacerdote.
Oggi, a conclusione dell’Anno sacerdotale, sono onorato e graziato per essere stato a Roma, insieme a più di 15 mila preti per la tre giorni di Incontro internazionale dei sacerdoti, in cui ci siamo trovati attorno al santo Padre e abbiamo pregato insieme.
Il papa ha detto: “Non guardate al ministero come a una professione. Il ministero sacerdotale non è un lavoro, ma una testimonianza di amore. La missione di un sacerdote è di essere testimone di amore e la preghiera è il suo compito primario nel lavoro pastorale”.
Durante i tre giorni, abbiamo concelebrato col papa e siamo pieni di gioia e benedizioni. L’11 giugno, papa Benedetto XVI ha celebrato la Conclusione dell’Anno sacerdotale con una messa solenne. Per concelebrare con il papa, alla messa in piazza san Pietro hanno partecipato almeno 15 mila preti, venuti da 97 Paesi, ognuno con tunica e stola bianca, proprio come nel ritratto del Curato d’Ars. L’intera piazza san Pietro si è trasformata in un unico grande altare.
Nella sua omelia il papa ha affidato ai sacerdoti il compito importante di rendere cosciente l’umanità della presenza di Dio e del suo amore.
Le parole del Santo Padre sono state molto ricche ed emozionanti, toccando il cuore della nostra vocazione sacerdotale. Egli ha spiegato la fonte della nostra vocazione, e d’altra parte non ha nascosto la debolezza e i limiti degli esseri umani, che mostrano il lato oscuro dell’umanità.
“Dio si serve di un povero uomo – ha detto il papa - al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore. Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua – questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola «sacerdozio». Che Dio ci ritenga capaci di questo; che Egli in tal modo chiami uomini al suo servizio e così dal di dentro si leghi ad essi: è ciò che in quest’anno volevamo nuovamente considerare e comprendere”.
Quindi il Santo Padre ha detto che questo nuovo brillare del sacerdozio non è piaciuto al “nemico”. Il nemico “egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo”.
Con la riflessione, la meditazione, la preghiera durante questo Anno, i sacerdoti si sono impegnati a vivere il ministero. Questa è la nostra decisione.
Durante l’Anno sacerdotale e a questo grande incontro a conclusione, mentre abbiamo colloquiato, parlato e scambiato le nostre esperienze, ho sempre ricordato i miei fratelli sacerdoti in Cina, perché io stesso provengo dalla Cina.
Sebbene oggi io sono più libero di voi, so bene tutta la vostra situazione, le vostre sofferenze e so quanto è difficile per voi il lavoro dell’evangelizzazione. Per tutto ciò io posso solo rimanere in silenzio e inginocchiarmi davanti al Santissimo sacramento per dire a Gesù: Signore Gesù! Figlio di Dio onnipotente, ti supplico di dare ai preti della Cina forza e speranza. Ti prego, mettili sotto La protezione celeste di p. Matteo Ricci e di Paolo Xu Guangqi, le cui cause di beatificazione stanno per iniziare qui a Roma.
Un giorno potremo incontrarci a Roma; i sacerdoti dalla Cina potranno venire in pellegrinaggio, o venire come delegati delle loro diocesi per celebrare a Roma.
Cari fratelli sacerdoti in Cina, vi teniamo sempre presenti nelle nostre preghiere; preghiamo sempre gli uni per gli altri.
In un’udienza col papa, presenterò a lui un prezioso dipinto di Nostra Signora di Sheshan, un segno della nostra reverenza verso il pontefice da parte dei fedeli e dei sacerdoti cinesi.
Il papa ama la Cina e ha cura della Chiesa in Cina. Egli ama Nostra Signora, aiuto dei cristiani, che si venera a Sheshan e ha invitati tutta la Chiesa universale a pregare la madre di Dio per la Chiesa in Cina. Il dipinto di Nostra Signora di Sheshan sarà messo nello studio del papa. Così il papa pregherà per noi ogni giorno per la Chiesa che soffre in Cina.
La nostra Madre benedetta e il papa saranno sempre con la Chiesa, fino al giorno in cui la Chiesa in Cina potrà godere di vera libertà.
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