22/08/2005, 00.00
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Da Colonia speranze di unità per la Chiesa in Cina

di Gao Qingnian

La presenza del papa e lo stare insieme di cristiani ufficiali e sotterranei spinge alla testimonianza comune oltre la Gmg. "Perdono anche al governo che ci soffoca".

Colonia (AsiaNews) - Dongyan ("rondine dell'Oriente") è una donna cinese di 30 anni, che ha partecipato alla Gmg di Colonia. In passato è stata in prigione, e per il governo non avrebbe diritto a passaporto e visto per la Germania. Usando un nome falso, è riuscita da sola a raggiungere Colonia e ha partecipato alle catechesi e agli incontri con Papa Ratzinger.

"Era la prima volta che andavo fuori della Cina", racconta ad AsiaNews. "Quando mi sono trovata con persone di diverse razze e lingue, tutti insieme a pregare ed ascoltare, ho proprio capito che la Chiesa cattolica è un'unica famiglia".

Dongyan è andata alle catechesi tenute a St Augustin e alla chiesa dei verbiti. Lì vi erano persone della Chiesa sotterranea, come lei, e persone della Chiesa ufficiale. Erano presenti anche cattolici di Taiwan, di Hong Kong e Macao: in tutto circa 500 persone. "Da questa esperienza ho capito che noi cattolici cinesi dobbiamo vivere di più l'unità. Siamo un'unica Chiesa. Forse questo è il dono che mi porto in Cina: accettarsi vicendevolmente fra cristiani ufficiali e non ufficiali per essere uniti nella testimonianza cristiana".

Dongyan dice che talvolta in Cina, fra un ramo e l'altro della Chiesa ci sono attriti e pregiudizi: i cristiani sotterranei sono bollati come fanatici; un vescovo sotterraneo che accoglie un sacerdote della chiesa ufficiale come amico, rischia di passare come traditore della fede. "È giunto il tempo di una maggiore unità. E il Papa è il centro, il segno di questa unità. A Colonia, essere tutti insieme attorno a lui, mi ha commosso e mi fa sperare per l'unità della Chiesa cinese. È tempo che in Cina anche fra noi cristiani ci accettiamo e ci perdoniamo a vicenda".

La società cinese, in preda ai cambiamenti sociali ed economici, "ha bisogno della nostra testimonianza", afferma Dongyan. Sempre di più le persone cercano Dio. "Una mia amica, di 28 anni, era stata abbandonata dal marito. Stava per suicidarsi. I suicidi sono sempre più comuni in Cina. Io ho cercato di farle compagnia, leggevamo insieme il Vangelo e da un anno è stata battezzata. Poi si è battezzata anche sua madre. In Cina c'è una povertà spirituale che richiede la testimonianza dei cristiani".

Dongyan è cristiana fin dalla nascita. Nella sua famiglia vi sono molti martiri. Il fratello di suo nonno, un prete, è stato ucciso durante la Rivoluzione Culturale. Lei stessa ha avuto problemi con la polizia. Oltre alla prigione, ha subito perquisizioni e sequestri di materiale religioso.

"A Colonia ho anche capito che devo trasmettere la misericordia che il Signore mi ha donato. Voglio perdonare anche al governo, che continua a soffocarci con la mancanza di libertà, con la prigionia senza motivo, con i trattamenti ingiusti. Dio cambierà la Cina secondo i suoi tempi, ma la cambierà se noi cambiamo".

Dongyan sogna che in un prossimo futuro Benedetto XVI possa andare in Cina. "Sarebbe bello una Gmg a Pechino, con la veglia e la messa sull'altare del Tempio del Cielo, dove pregavano gli antichi imperatori".

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