25/01/2024, 11.15
LIBANO
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Da Beirut a Gaza, la preghiera dei libanesi nella Settimana dell’unità dei cristiani

di Fady Noun

Patriarchi orientali, cattolico e ortodosso, il nunzio apostolico e migliaia di fedeli hanno partecipato al concerto “ecumenico”. La filarmonica libanese ha accompagnato un coro di 250 cantanti, per un “concerto liturgico” a Beirut Forum. Un evento voluto con forza dal 29enne avvocato e musicista Marc Merhej e da mons. Antoine Bou-Najem. Sulla strada dell’unità “il popolo ci ha preceduto”. 

Beirut (AsiaNews) - Discostandosi da sentieri tradizionali del passato, e frutto di una stretta cooperazione tra la gerarchia maronita e i laici, quest’anno la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani in Libano che si conclude oggi (18-25 gennaio) è stata caratterizzata da uno straordinario incontro ecumenico. Un evento animato da un coro composto da 250 cantanti, accompagnati dall’orchestra filarmonica del Paese dei cedri. In parte concerto liturgico, in parte momento di preghiera, l’incontro che ha riempito il cielo della capitale libanese si è tenuto in una enorme sala sul lungomare, il Beirut Forum. Inoltre, l’evento ha registrato la partecipazione dei patriarchi cattolico e ortodosso orientale, del nunzio apostolico mons. Paolo Borgia e di quasi 9mila fedeli provenienti da tutto il Libano.

Al centro della rappresentazione vi era un intraprendente giovane libanese di 29 anni, Marc Merhej, tanto bravo come avvocato quanto come musicista e direttore di coro. In coordinamento con il vescovo maronita di Antelias, mons. Antoine Bou-Najem, suo ex insegnante di religione, egli ha realizzato un tour de force musicale che ha richiesto due anni di preparazione. Sostenuto dall’orchestra sinfonica, il suo coro si è esibito meravigliosamente, alternando preghiere e canti liturgici in undici lingue (arabo, francese, inglese, latino, slavo, siriaco, armeno, caldeo, spagnolo, greco e swahili). Senza dimenticare il linguaggio dei segni per i non udenti e il cosiddetto linguaggio del silenzio, quella “preghiera del cuore” o “preghiera nella mente” che ci è stata tramandata con cura dai padri e dalle grandi preghiere tradizionali del passato.

L’evento è riuscito a trasfigurare le convenzioni del genere. I patriarchi e i vescovi presenti, che erano venuti per assistere a “un concerto come tanti”, sono stati sopraffatti dalla forza della lode trinitaria che si è levata dall’assemblea, dove gli ortodossi hanno trovato l'eco delle loro cantillazioni e altri le modulazioni armoniose del componimento in lingua. “Forse non possiamo ancora celebrare l’Eucaristia insieme, ma non potremmo recitare le lodi assieme?” sottolinea Marc Merhej, precisando di aver voluto “aggiungere all’unità nella carità, nella testimonianza e nel martirio, anche l’unità nella lode”.

In Libano, la Settimana dell’Unità è organizzata dal Consiglio delle Chiese del Medio oriente (Mecc), un gruppo di chiese in rappresentanza della regione che comprende quasi tutte le tradizioni cristiane, tra cui ortodossi orientali, ortodossi, cattolici (latini e orientali), anglicani e protestanti. La Vergine Maria, spiega Merhej, ha trovato il suo posto centrale in questa preghiera ecumenica non nel suo ruolo di intercessione, così caro alla dottrina cattolica e ortodossa, ma attraverso la preghiera di lode che lei stessa offre al Padre. Un gesto attraverso il quale vuole portare a compimento il “disegno benevolo che aveva prestabilito dentro di sé, per realizzarlo quando i tempi fossero compiuti. Esso consiste nel raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che sono nel cielo, quanto quelle che sono sulla terra”. (Efesini 1:9+).

“Si è aperta ogni porta”

“Marc è venuto a chiedere la mia autorizzazione per un’iniziativa che, per farla breve, è un progetto a tutti gli effetti della Chiesa” racconta mons. Bou-Najem, e la risposta è stata “semplice”. “Il Paese - prosegue il prelato - attraversa una fase di profonda crisi e le difficoltà economiche si accumulano. Alla prima porta che si chiude, abbandoniamo questo progetto” lo aveva ammonito. Anche perché, confessa, “avevo mille altre cose da fare. Tuttavia - ammette candidamente - tutte le porte si sono aperte senza problemi particolari, anche per l’affitto del Forum di Beirut”. Di fronte al candore di Marc, che ha confessato di essere venuto a incontrarlo “affidandosi alla provvidenza”, il proprietario della sala ha fatto un gesto insperato “di grande generosità”.

Incoraggiati dal vescovo, anche altri fortunati hanno messo le mani in tasca dando prova di grande generosità. Dopo tutto, andava pagata l’orchestra sinfonica, saldato l’affitto delle sedie e del materiale, il palco, le luci, il suono e tutto il resto. “È stato un tale successo da superare le aspettative, anche se qualcuno ha detto che avremmo potuto dare i soldi ai poveri” riferisce mons. Bou-Najem, che ha risposto all’osservazione “con le stesse parole di Cristo: i poveri li avrete sempre con voi”. Il vescovo si è rallegrato anche del fatto che l’assemblea abbia pregato per Beirut, una “città di morte” divisa dalla guerra e in parte distrutta dall’esplosione del porto il 4 agosto 2020.

Gli organizzatori, aggiunge, vanno ringraziati anche per aver pregato per Gaza, distrutta giorno dopo giorno sotto lo sguardo inorridito e indignato del mondo intero.

“La preghiera di lode unisce i cristiani” prosegue il vescovo nel suo racconto ad AsiaNews, anticipando una nuova idea che gli sta attraversando la mente: la creazione di gruppi di preghiera [ecumenici] di lode in tutte le diocesi del Libano. “Dobbiamo andare oltre l’ostilità e l’indifferenza di cui parla la Preghiera per l’unità, e superare le offese che risalgono a centinaia di anni fa e che fanno sì che i fratelli non si parlino più”. “I rancori - conclude - uccidono. Ma sulla strada dell’unità, il popolo dei cristiano ci ha preceduto”.

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