Cristiano condannato in Bhutan: il sostegno del vescovo protestante
Kathmandu (AsiaNews/Agenzie) - “Questa è un’immagine della soppressione della libertà religiosa da parte del governo bhutanese. Tutti noi dobbiamo condannare questi atti contro la democrazia ovunque avvengano.” È quanto afferma Narayan Sharma, capo della chiesa protestante nepalese, in merito alla condanna a tre anni di Prem Singh Gurung, il cristiano bhutanese di etnia nepali, in carcere per aver proiettato un film sul cristianesimo. "Il Paese – aggiunge il vescovo Sharma - dovrebbe promuovere i valori della democrazia e dei diritti umani”.
Dal 2006 il governo del Bhutan ha iniziato a promuovere la democrazia, dopo secoli di monarchia assoluta che proibiva la pratica di religioni diverse dal buddismo e di qualsiasi etnia diversa da quella bhutanese. La nuova costituzione varata nel 2008 prevede la libertà di fede per tutti i bhutanesi, previa la segnalazione alle autorità competenti. Tuttavia è vietato il proselitismo, la pubblicazione di bibbie, la costruzione di scuole cristiane e l’ingresso ai religiosi. Il nuovo corso democratico non ha cambiato nemmeno le sorti degli oltre 100mila profughi di etnia nepalese, tra cui oltre 10mila cristiani, che tra il ’77 e il ’91 sono stati oggetto di una vera e propria pulizia etnica.
La notizia della condanna di Gurung ha suscitato critiche tra la popolazione dei campi profughi, che vedono nella sentenza l’ennesimo atto di repressione da parte di Timphu contro la popolazione di etnia nepalese e di religione non buddista.
Rijen Lama, profuga cristiana afferma:“Dobbiamo unirci tutti a prescindere delle religioni per lottare contro la soppressione delle minoranze in Bhutan”.
Tek Nath Rijal, leader dei rifugiati bhutanesi sottolinea che da anni il governo espelle tutti coloro che vogliono la libertà nel Paese, siano essi stranieri o cittadini. “Questa – afferma – è la ragione che ci ha portati a vivere come profughi”. “La comunità internazionale – aggiunge – deve fermare queste atrocità”.