Crisi migranti, leader religiosi indonesiani a Jakarta: firmare la Convenzione di Ginevra
Jakarta (AsiaNews/EdA) - Nel mezzo della crisi migranti che coinvolge diversi Paesi del Sud-est asiatico, i leader religiosi indonesiani rivolgono un appello comune al governo di Jakarta perché ratifichi la convenzione Onu di Ginevra del 1951, relativa allo statuto dei rifugiati. In un comunicato congiunto, i principali esponenti delle religioni musulmana, cristiana e buddista dell’arcipelago ricordano il dramma che ha coinvolto i Rohingya - minoranza musulmana del Myanmar perseguitata e privata del diritto di cittadinanza - e i lavoratori migranti del Bangladesh. L’emergenza, avvertono, è prima di tutto “una questione umanitaria, che coinvolge tutta la nazione” indonesiana e che deve essere affrontata nella sua interezza.
Negli ultimi 10 giorni oltre 3mila persone, in maggioranza provenienti dalla ex Birmania, insieme a lavoratori migranti del Bangladesh, sono stati soccorsi nel mare delle Andamane e al largo delle coste di Indonesia, Malaysia e Thailandia. Un dramma che si è acuito con il giro di vite imposto da Bangkok - vero e proprio crocevia della tratta - sul commercio di vite umane, dopo la scoperta di una fossa comune nei pressi del confine con la Malaysia in cui erano sepolti decine di Rohingya.
La situazione è quindi precipitata con la politica dei respingimenti adottata - e sconfessata in un secondo momento, al termine di un vertice fra ministri degli Esteri - da Jakarta e Kuala Lumpur. Per trovare una risposta comune all’emergenza, il 29 maggio prossimo a Bangkok si terrà un vertice straordinario dei Paesi Asean, allargato ad altre nazioni coinvolte nel traffico di vite umane.
Fra i Paesi del Sud-est asiatico solo Cambogia e Filippine sono firmatari della Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati e degli apolidi, mentre l’Indonesia non dispone di testi in grado di regolare la materia, né strutture capaci di accogliere i migranti. Tornado sul tema dell’accoglienza, i leader religiosi sottolineano che non si tratta di “un problema confessionale” ed è compito dello Stato farsi carico del problema.
Sugiyanto, dell’Associazione buddista indonesiana (Walubi), afferma che la vicenda “deve essere affrontata dall’insieme delle parti coinvolte”. Il leader musulmano Maman Imanulhap, del Nahdlatul Ulama (Nu), invita tutte le madrassa (le scuole coraniche) ad “accogliere i bambini Rohingya”. Il cristiano Stephen Siahaan avverte che “il nostro primo compito è salvare persone che stanno per morire”.
Di recente sul tema migranti è intervenuto a più riprese anche papa Francesco. In particolare, il 19 maggio scorso il Pontefice nella messa a Casa santa Marta ha voluto ricordare il dramma attraversato dai Rohingya, costretti come i cristiani e gli yazidi di Siria e Iraq ad abbandonare le proprie abitazioni a causa delle violenze e dei conflitti. Per il card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti, la sola via per risolvere la crisi è di investire nei Paesi poveri e garantire loro un adeguato sviluppo.
27/05/2015