Crisi economica: tornano i prezzi ‘sovietici’ per pane, salame, vodka
Prezzi bloccati come ai tempi di Brežnev. Nell’ultimo mese i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati del 30%. Oltre alla crisi economica, influenzano anche le sanzioni e la catastrofe pandemica. Accordi obbligatori coi produttori di zucchero e olio, e con le ditte di import/export di grano e cereali. Sospetti di Putin su manovre anti-russe nei mercati internazionali.
Mosca (AsiaNews) - Maksim Reshetnikov, ministro russo per lo sviluppo economico, ha proposto di cambiare il sistema per definire i prezzi di mercato per i prodotti alimentari “socialmente significativi” (foto 2). In seguito a tale misura presa due giorni fa, il governo russo potrà intervenire d’autorità se il prezzo dei principali prodotti alimentari si innalza di almeno il 10% nel corso di 30 giorni anche in una sola delle oltre 90 regioni della Federazione, senza tener conto delle variazioni stagionali.
Era dai tempi di Brežnev che non esisteva una politica dei prezzi così bloccata dall’alto. Nella lunga stagnazione brezneviana (il zastoj dal 1964 al 1984) era proibito aumentare i prezzi del pane, del salame e della vodka. La crisi economica degli ultimi anni, aggravata dalle sanzioni occidentali dopo il conflitto in Ucraina e dalla catastrofe pandemica, sta di nuovo spingendo la Russia nel baratro del “livellamento economico” di sovietica memoria.
Secondo una legge del 2010, i prodotti alimentari “socialmente significativi” formano una scala mobile di 24 posizioni, e comprendono tra gli altri il latte, lo zucchero, le uova, l’olio di girasole, la farina di grano, il pane. Nell’ultimo mese questi prodotti sono aumentati di circa il 30%, creando nella popolazione una vera crisi di panico e svuotando i reparti dei supermercati (foto 3), per timore di ulteriori aumenti. Di solito, il ministero per lo sviluppo economico stabilisce tetti massimi ai prezzi ogni 90 giorni, ma ora, secondo Reshetnikov, servono misure straordinarie e impositive sui meccanismi di mercato. I limiti proposti dopo la legge del 2010, infatti, non sono mai stati rispettati.
Entro il 20 dicembre verranno quindi sottoscritti degli accordi obbligatori per il primo trimestre del 2021 con i produttori di zucchero e olio di girasole, che porteranno all’abbassamento dei prezzi: un chilo di zucchero non potrà costare oltre 36 rubli (circa 40 centesimi di euro) all’ingrosso e 45 rubli (50 centesimi) al dettaglio; l’olio è fissato a 95-110 rubli (poco più di un euro). In cambio verranno concessi crediti per l’acquisto della barbabietola da zucchero e sui necessari prodotti d’importazione. Misure simili riguarderanno l’import/export di grano e cereali.
Il presidente Vladimir Putin (foto 4) ha comunque messo in guardia il governo dalla ripetizione di pratiche economiche di tipo sovietico. La scorsa settimana egli ha ricordato “il tempo in cui nel nostro Paese c’era tutto, ma questo tutto non bastava a nessuno”. Allora mancavano le materie prime; oggi mancano i mezzi di sussistenza a molte famiglie. E per quanto il presidente abbia lodato la capacità di resistenza dei russi, capaci di “accontentarsi dei maccheroni da marinaio”, cioè lessati insieme a qualunque altro ingrediente, tuttavia “non si possono giustificare aumenti del genere per la pandemia, che non c’entra niente con il raccolto alimentare”.
Putin ha avanzato i sospetti che ci siano manovre anti-russe sui mercati internazionali, per costringere i produttori russi a rincorrere i prezzi del mercato estero, e ha costretto il premier Mikhail Mišustin a prendere misure urgenti sul fronte del controllo anti-monopoli e delle agenzie fiscali, cercando la collaborazione delle reti della grande distribuzione. Verranno posti ulteriori limiti alle esportazioni, e i distributori saranno portati ad accordi unificati a livello federale. In realtà, tutte queste misure “urgenti” appaiono decisamente in ritardo sugli eventi, e potrebbero condurre a livelli di debito pubblico analoghi agli ultimi tempi sovietici.
08/04/2021 08:38
01/07/2021 08:51