15/03/2023, 08.56
KAZAKISTAN
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Crescono pressioni esterne sulle elezioni kazake

di Vladimir Rozanskij

Si muovono soprattutto Russia e Stati Uniti. Difficile possa emergere una reale opposizione parlamentare. Mosca accampa diritti sulle regioni russofone nel nord del Kazakistan. L’ostilità etnica di fatto favorisce la stabilità del potere di Tokaev.

Mosca (AsiaNews) – A pochi giorni dalle elezioni generali e amministrative in Kazakistan, molti sperano ancora che possa emergere una reale opposizione parlamentare ad Astana, in grado di aprire una nuova fase democratica nella vita del Paese centrasiatico. Allo stesso tempo i media internazionali osservano forti pressioni da parte di Mosca, che interviene al punto da “alimentare odio verso i kazaki nella popolazione di etnia russa”, come scrive il politologo Akhas Tažutov su Eurasia Rewiew.

Il Cremlino finanzia molte pubblicazioni che combattono il nazionalismo kazako, anche se durante la recente visita del segretario di Stato Usa Antony Blinken in Kazakistan, il ministro kazako degli Esteri Tleuberdi ha assicurato che “non percepiamo al momento alcun rischio da parte della Russia, il nostro Paese continua la sua politica estera multivettoriale”.

Tažutov fa notare come anche queste frasi siano state riportate sulla stampa russa come segnale di “pieno appoggio kazako alla politica di Mosca”, e come monito agli Usa a non interferire negli affari di Astana.

Non a caso, osserva il politologo, sia i rappresentanti Usa sia quelli cinesi, quando si recano in Kazakistan, sottolineano la “difesa dell’integrità territoriale”, evidentemente in pericolo per le tensioni con la Russia, che non risparmia continui “attacchi informativi e pretese territoriali, condite da travisamenti della storia”.

Tažukov cita una recente pubblicazione del linguista russo Aleksandr Grišenko, dell’università di Mosca, che in sostanza vuole ricordare ai russi etnici, e agli altri popoli degli Stati post-sovietici, quanto i kazaki venissero presentati in modo negativo nei tempi antichi delle migrazioni e dei conflitti tra le etnie eurasiatiche: quindi quanto sia da considerarsi un popolo ancora insidioso.

Sulla rivista Settimana degli Urali, poco tempo fa, era uscito un articolo con voci russe dalle regioni settentrionali del Kazakistan, secondo le quali le aree di Uralsk, Petropavlovsk e Pavlodar “vanno restituite alla Russia”, e non vanno lasciate alle “scimmie kazake”.

Le espressioni di ostilità etnica di fatto favoriscono la stabilità del potere di Tokaev, per non lasciare spazio alle divisioni in un periodo così controverso. Gli oppositori sperano comunque di ottenere molto di più di quanto avveniva in passato, in cui ai partiti “di contorno” venivano lasciate soltanto le briciole.

L’attivista umanitario Sergej Duvanov ritiene che ci sia un piano delle autorità per limitare ancor di più l’influenza dei non-governativi, sfruttando i calcoli complessi dei seggi uninominali. A suo parere, “nonostante una certa euforia di questi giorni, i risultati delle elezioni mostreranno che nell’arena politica non è cambiato nulla dai tempi di Nazarbaev”.

The Diplomat evidenzia le limitazioni all’accesso internet, che mette il Kazakistan vicino al Turkmenistan, il Paese meno “connesso” del mondo. Secondo i giornalisti indipendenti Rustam Mukhametov e Dana Buralkieva, l’uso del web in questi Paesi è ben distinto tra “business e società”, e dipende molto dal valore che le élite assegnano alle connessioni internet in politica e in economia.

La rete internet viene limitata e bloccata soprattutto nelle regioni e città dove hanno luogo le proteste popolari, come successo a Žanaozen nel 2011, nei cortei contro la svalutazione del 2014 in varie città, e i pogrom del 2020 nella regione di Kordajsk tra kazaki e dungani.

Alla riunione del governo del 13 marzo, Tokaev ha insistito sul fatto che “non saranno ammesse azioni destabilizzanti, faremo di tutto per evitarle, e non lasceremo spazio a chi diffonde l’odio all’interno e all’esterno del Kazakistan”.

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