Crescita spesa militare cinese: è corsa agli armamenti nell’Indo-Pacifico
Budget per la difesa di Pechino arrivato a 225 miliardi di dollari. Taiwan risponde con un aumento del 13,9% su base annua. Il Giappone raddoppierà il suo esborso in cinque anni. Vietnam e Indonesia non rimangono a guardare. Pericolo India per la Cina. Australia vicina a comprare sommergibili nucleari da Washington.
Pechino (AsiaNews) – Nell’Indo-Pacifico è corsa agli armamenti. Il crescente scontro geopolitico tra Cina e Stati Uniti, unito all’esempio dell’invasione russa dell’Ucraina, spingono i governi della macro-regione ad accrescere la spesa militare, in quello che è diventato un circolo vizioso.
All’apertura il 5 marzo della sessione annuale dell’Assemblea nazionale del popolo, il premier uscente cinese Li Keqiang ha annunciato che la spesa militare del suo Paese quest’anno crescerà del 7,2%, intorno a 225 miliardi di dollari: in lieve aumento rispetto allo scorso anno (+7,1%). Si tratta di un livello quasi quattro volte inferiore a quello degli Usa, anche se esperti sostengono da tempo che il budget reale delle Forze armate cinesi è superiore a quello ufficiale.
Pechino giustifica la crescita dell’esborso militare con la necessità di rispondere ai tentativi esterni di “soffocare e contenere” la Cina: un sottile attacco a Washington, impegnata a respingere l’ascesa cinese. Li ha parlato delle minacce crescenti alla sicurezza nazionale, soprattutto riguardo a Taiwan, che il governo comunista considera una “provincia ribelle.
Per la propria difesa, Taipei ha stanziato più di 13 miliardi di dollari per il budget militare 2023: un aumento del 13,9% rispetto all’anno scorso. Una significativa fetta è destinata all’acquisto di armi dagli Stati Uniti, impegnati per trattato a sostenere la difesa dell’isola. A settembre l’amministrazione Biden ha approvato la vendita di un pacchetto di armamenti da 1,1 miliardi di dollari; Washington ha dato luce verde a un’altra tranche da 619 milioni di dollari a inizio marzo.
La Cina affronta altre situazioni scottanti ai propri confini, come la diatriba con il Giappone sui diritti sovrani nel Mar Cinese orientale – per gli Usa, Tokyo è un asset anche per la protezione di Taiwan.
I giapponesi si doteranno della capacità di contrattaccare basi nemiche in caso di emergenza grazie a un notevole aumento del budget per la difesa. Il piano dell’esecutivo Kishida è di raddoppiare la spesa militare al 2% del Pil in cinque anni, per un totale di 315 miliardi di dollari. Di questi, 5mila miliardi serviranno ad acquistare dagli Usa missili capaci di essere lanciati a distanza di sicurezza e razzi da crociera Tomahawk.
Non rimangono a guardare neanche Vietnam e Indonesia, con cui la Cina ha dispute territoriali nel Mar Cinese meridionale. Hanoi spenderà nel 2023 6,3 miliardi di dollari per il suo rafforzamento militare, con una proiezione di aumento a 8 miliardi di dollari nei prossimi anni. Il budget per la difesa di Jakarta arriverà invece quest’anno a 13,6 miliardi di dollari, in crescita del 3,2 rispetto al 2022.
Sono numeri lontani da quelli messi in campo da Pechino, ma che segnalano un trend a cui solo le Filippine sembrano per il momento sottrarsi, malgrado anche Manila si opponga alle pretese di Pechino sul Mar Cinese meridionale.
In termini numerici, e di “taglia”, la preoccupazione maggiore per la Cina dovrebbe essere l’India, con cui ha decennali controversie di frontiera lungo l’arco himalayano. Per l’anno fiscale 2023-2024, il governo Modi ha proposto un incremento di spesa militare del 13% su base annua, pari a 72,6 miliardi di dollari.
Delhi è parte del Quad (Quadrilateral Security Dialogue), un forum di dialogo strategico ritenuto da Xi Jinping l’embrione di una “Nato asiatica”, che include anche Stati Uniti, Giappone e Australia. Come riporta la Reuters, Canberra è in procinto di acquistare dagli Usa cinque sottomarini a propulsione nucleare della classe Virginia. L’acquisto rientra nell’accordo Aukus, il patto militare stretto tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito in chiave anti-cinese.
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