Nel mare vicino alla centrale la concentrazione di iodio radioattivo è 4.385 volte superiore alla norma. Secondo le autorità non vi è pericolo per la salute. L’Agenzia Onu per il nucleare chiede di ampliare l’area di evacuazione fissata finora a 20 km. Nelle aree dello tsunami gli sfollati sono carenti di cibo, gas e carburante. Chiesa cattolica e famiglie danno ospitalità a donne e bambini in case e conventi.
Tokyo (AsiaNews) – Cresce ancora il livello di radiazioni nell’area della centrale di Fukushima. Nell’acqua di un canale a 300 metri dall’impianto il livello di iodio radioattivo è 4.385 volte superiore ai valori legali. I dati sono stati comunicati oggi dalla Agenzia internazionale di sicurezza per il nucleare (Aiea). Secondo gli esperti la concentrazione di iodio radioattivo è ai massimi livelli. Lo scorso 27 marzo i valori superavano di 1850 volte gli standard. Secondo la Tepco, la società che gestisce gli impianti, le particelle di iodio radioattivo una volta in mare dovrebbero deteriorarsi e finora non rappresentano un rischio per la salute. La società ha annunciato anche la chiusura definitiva dei quattro reattori. L’alto livello di radiazioni preoccupa l’Aiea che ha invitato il governo ad ampliare l’area di evacuazione, fissata ora a circa 20 km dalla centrale. Oggi il capo di gabinetto Yukio Edano ha sottolineato che non vi sono piani immediati per procedere con lo sgombero delle abitazioni, ma si potrebbe ampliare l’area di restrizione a tutt’oggi fissata a 30 km. Edano ha precisato che verranno rafforzati anche i controlli sulle radiazioni al suolo. Ma l'inquietudine verso la crisi nucleare rischia di far dimenticare la sorte dei sopravvissuti al gravissimo terremoto e tsunami, dove si fa strada anche l'impegno della piccola Chiesa giapponese.
Nelle prefetture colpite dallo tsunami il bilancio delle vittime sale a 28mila fra morti e dispersi e la Chiesa giapponese continua a inviare volontari e aiuti per soccorrere gli sfollati, che mancano di alimenti, gasolio e gas.
Nelle zone a nord est di Sendai diversi cattolici che non hanno sofferto danni fisici o materiali, stanno dando ospitalità alla popolazione più colpita e la Chiesa ha messo a disposizione conventi e scuole per dare rifugio a donne con figli piccoli.
In questi giorni, la diocesi di Sendai ha aperto a Shiogama (15 km da Sendai) e a Ishinomaky (52 Km a nord di Sendai) due centri per il reclutamento di volontari, che si aggiungono a quello organizzato nel capoluogo lo scorso 20 marzo. A Shiogama gruppi di giovani universitari coordinati da p. p. Josè Alfredo Gonzales, missionario di Guadalupe, aiutano le autorità a sgombrare strade e case dalle tonnellate di detriti e sabbia marina lasciati dallo tsunami. A Ishinomaky, oltre allo sgombero delle macerie, i volontari stanno visitando gli sfollati per verificare le loro condizioni mediche e fornire, se necessario, cure immediate presso il centro medico e psicologico allestito nella zona.
I cattolici hanno anche iniziato a riparare parte degli edifici religiosi danneggiati dallo tsunami. Nella parrocchia di Sukagawa diversi fedeli hanno rimandato la ricostruzione delle loro case per sgomberare dalle macerie e raccogliere il materiale necessario a riparare la chiesa.