Cresce il dominio economico cinese in Asia centrale
Rafforzati i legami con il Turkmenistan. Energia e sicurezza regionale i principali ambiti di cooperazione tra Pechino e Ashgabat. Timori per l’avanzata talebana in Afghanistan. Cinesi posizionati meglio di Usa e Russia nel “grande gioco” centrasiatico.
Mosca (AsiaNews) – Ieri la popolare trasmissione televisiva turkmena “Dunja Turkmenleri” (I turkmeni nel mondo) ha presentato un’estesa panoramica dei rapporti tra Turkmenistan e Cina. L’inchiesta ha sottolineato soprattutto il crescente dominio economico di Pechino sull’intera Asia centrale.
La scorsa settimana il ministro cinese degli Esteri Wang Yi ha visitato alcuni Paesi della regione: Turkmenistan, Tagikistan e Uzbekistan. Il tour, programmato da tempo, è coinciso con l’acutizzarsi della crisi nel vicino Afghanistan, che preoccupa molto la leadership cinese.
Il 12 e13 luglio Wang ha condotto delle trattative con il presidente turkmeno Gurbangul Berdymuhamedov e Rašid Meredov, ministro degli Esteri di Ashgabat. Le parti si sono accordate per intensificare le relazioni reciproche. Si è parlato della situazione in Afghanistan, evidenziando il desiderio della Cina di giocare un ruolo importante nella regolazione del conflitto. Per ora il gigante cinese si limita a fare da sponda alle nazioni centrasiatiche, senza entrare in modo diretto nelle schermaglie diplomatiche.
Con il Turkmenistan la Cina mette al primo posto la questione energetica, sia essa energia nucleare o gas naturale. Pechino evidenzia però l’importanza di offrire “ogni tipo di sostegno tradizionale o non tradizionale nell’ambito della sicurezza”, come riporta Radio Azatlyk.
Il governo cinese vuole entrare in tutti gli aspetti della vita sociale turkmena, non solo in quello economico, a partire dallo scambio dei dati tra i servizi investigativi e di sicurezza dei due Paesi. Al primo posto, vista la situazione al confine con l’Afghanistan, ci sono le informazioni sulla presenza di gruppi estremisti uiguri in territorio afghano e in Asia centrale.
Il Turkmenistan appare come un alleato privilegiato dei cinesi. Ashgabat non fa parte dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva, guidato dalla Russia. Nonostante gli accordi bilaterali con la Cina, i turkmeni non partecipano neanche all’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, a forte influenza cinese.
Grazie all’appoggio del regime di Berdymuhamedov, Pechino inizia a essere un serio concorrente di Stati Uniti e Russia nel commercio di armi in Asia centrale. Wang ha dichiarato che “la Cina appoggia lo stato di neutralità del Turkmenistan, e condanna ogni tentativo di immischiarsi nelle questioni interne di questo Paese”. L’affermazione dell’inviato cinese riflette sul partner turkmeno il profilo della stessa Cina, che spesso enfatizza la retorica della “neutralità cinese” nell’arena mondiale.
Non sorprende che 14 luglio, durante la 47ma sessione del Consiglio Onu per i diritti umani, il rappresentate turkmeno abbia sostenuto il governo cinese riguardo alla situazione nello Xinjiang e a Hong Kong. Ashgabat si è dichiarata contraria alle pressioni sulla Cina, accusata dalle nazioni occidentali di violare i diritti umani.
Con le loro dichiarazioni, i cinesi intendono condannare la politica di Washington, attiva militarmente in Afghanistan come in molte altre parti del mondo. Insieme a Paesi come l’Iran, la Cina ha criticato negli anni passati la presenza di truppe Usa in Asia centrale. Ora Pechino attacca i rivali statunitensi per aver deciso di ritirare le proprie forze dalla polveriera afghana, ridando fiato all’avanzata dei talebani.
Dopo il ritiro delle truppe Usa dall’Afghanistan, la Cina entra sempre di più nel “grande gioco” dell’Asia centrale, come viene definito fin dal XIX secolo, e dove fino a qualche anno fa gli attori principali erano Russia, Stati Uniti ed Europa. Washington sta ridefinendo i propri obiettivi e punta a riaprire basi militari nella regione per tenere sotto controllo russi e cinesi. Grazie ai massicci investimenti nelle loro economie, Pechino sembra però in grado di controllare i Paesi centrasiatici con molta più efficacia delle altre potenze “in gioco”.
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