Crea divisioni la vicenda del vescovo Gallela Prasad
Tre sacerdoti di casta superiore (Reddy), accusati di aver aggredito il vescovo, un Dalit, che li ha sospesi. I tre, attualmente liberi su cauzione, sono stati reitegrati dal nuovo ordinario.
Mumbai (AsiaNews) – Sta creande divisione e contrasti, in India, la vicenda ditre sacerdoti di casta superiore (Reddy), accusati di aver aggredito un vescovo Dalit, per questo sospesi, ma reintegrate dal successore del vescovo aggredito. Nella vicenda è intervenuta anche la Santa Sede. I tre sono attualmente liberi su cauzione.
Il 24 aprile 2016, tre sacerdoti di casta superiore sono stati coinvolti in un presunto attacco premeditato al vescovo Gallela Prasad (nella foto), l'ex ordinario della diocesi di Cuddapah, mentre stava tornando da una funzione religiosa nella diocesi.
Il 21 maggio 2016, Gallela Prasad, membro della comunità Dalit, ha sospeso i tre sacerdoti Reddy di casta superiore.
Il 10 dicembre 2018, papa Francesco ha accettato le dimissioni di mons. Gallela Prasad.che stava affrontando una denuncia penale per presunta appropriazione indebita di fondi diocesani per condurre una vita lussuosa con la sua presunta moglie e figlio. Francesco ha nominato Mons. Gali Bali, amministratore apostolico di Cuddapah. Il 7 luglio il vescovo Gali Bali, ha reintegrato i padri Nalladimmu Raja Reddy, Lingala Vijaymohan Reddy e Sanivarappu Marreddy, e ha dato loro le parrocchie.Secondo quanto il gesuita AXJ. Bosco SJ, dalit e attivista per i diritti umani, dice ad AsiaNews “nominare parroco p. Sanivarappu Marreddy rivela solo la mentalità di casta e la corruzione nella Chiesa. Nella lettera scritta da mons. Gali Bali, in data 11-07-2020, si afferma che la Santa Sede ha valutato la tua domanda (di padre Marreddy) ... caso riguardante la sospensione inflitta a te dall'ex vescovo. Gallela Prasad, presumibilmente per false accuse…”.
“Conosciamo molto bene il funzionamento dell'amministrazione della Chiesa gerarchica; senza la raccomandazione, il sostegno e il consenso del vescovo Gali Bali la Santa Sede non avrebbe revocato la sospensione in un caso così grave e non avrebbe chiesto di nominare parroco p. Marreddy. Nominare parroci i tre sacerdoti Reddy in questo scandaloso caso criminale, mentre il caso è ancora pendente in tribunale, è a dir poco scioccante e odora di pregiudizio di casta, amato e perpetuato ancora oggi dai cosiddetti vescovi di casta e sacerdoti”.
“Mi piace presentare una sfida: so che anche i Reddies vogliono seguire Gesù sinceramente, ma spesso il diavolo riesce ad attirarli alla discriminazione di casta e alla politica di casta; lascino cadere il suffisso Reddy ai loro nomi; può essere molto doloroso per loro, ma mostrerà la loro sincerità nel seguire Gesù che ha proclamato il Regno di Dio nel quale ci amiamo da uguali”.
Mons. Sarat Chandra Nayak, Presidente della Commissione per le caste riconosciute (SC) / altre caste arretrate (BC) della Conferenza dei vescovi dell'India (CBCI) ha parlato ad AsiaNews della reintegrazione dei tre sacerdoti di casta superiore che sono stati arrestati e attualmente sono fuori su cauzione.
“Ci sono – ha detto - tre questioni, qui, Legalità civile, Legalità ecclesiale / canonica e prudenza pastorale e sensibilità pastorale
• Prima di tutto, è meglio guardare alla questione in termini di legalità, sia essa civile o canonica, per arrivare alla giustizia basata sulla verità. Un crimine non ha casta, religione, genere, autorità, nazionalità, anche se questi possono avere il loro peso in materia, per una decisione equa. È stato ampiamente riferito che i sacerdoti hanno aggredito fisicamente il vescovo e il vescovo li ha sospesi per questo. Non c'è giustificazione per prendere la legge nelle proprie mani, sia nella società che nella Chiesa. L'aggressione fisica è un crimine sia nel diritto civile che nel diritto canonico. Sia nella società civile che in quella ecclesiastica l'ordinamento giuridico della giustizia deve essere rispettato e perseguito per ottenere giustizia.
• La lettera del vescovo Gali Bali afferma chiaramente che la Santa Sede, dopo aver valutato la domanda e i documenti di supporto dei sacerdoti sospesi interessati, lo ha autorizzato a "prendere la decisione appropriata" sulla questione. Pertanto, presumo prudentemente e religiosamente che la Santa Sede abbia valutato la questione con tutta serietà, anche dando ascolto a Mons. Gallela Prasad, qualunque sia il suo stato attuale.
• Prima di poter analizzare / mettere in discussione la decisione del vescovo Gali Bali, è necessario sapere se la Santa Sede è giunta alla conclusione che la suddetta accusa contro i sacerdoti era falsa e quindi ha chiesto al vescovo Galibali di prendere la decisione appropriata. Non sembra così, poiché la Santa Sede ha ritenuto necessario consigliare “fortemente” ai sacerdoti di condurre una vita esemplare, cooperando pienamente con le Autorità diocesane e dando un'autentica testimonianza di vera riconciliazione e comunione ecclesiale. Se è stato lasciato al vescovo Gali Bali il compito di giudicare sulla veridicità dell'accusa e prendere la decisione appropriata, ci si aspetta che abbia fatti / testimoni a sostegno, oltre ogni ragionevole dubbio per concludere che la sospensione era basata su "falsamente presunti reati".
• C'è sicuramente la separazione tra diritto ecclesiastico e diritto civile. Tuttavia, tranne in materia di fede e morale, il diritto civile prevale sul diritto ecclesiastico quando c'è un conflitto tra i due. La questione è sotto giudizio al tribunale civile e i tre sacerdoti sono fuori su cauzione. Il vescovo Gali Bali, amministratore apostolico di Cuddapah, non solo ha rimesso la sospensione, ma li ha anche reintegrati come pastori in base al canone 1356. Suppongo che abbia consultato il vescovo Gallela Prasad prima della remissione della sospensione come richiesto dallo stesso canone 1356 § 2.
• Quando la questione è sub-judice, reintegrare i sacerdoti nelle responsabilità pastorali prima dell'accusa può essere considerata “decisione appropriata” solo da un vescovo esperto come Gali Bali, anche se altri potrebbero veder estesa la prudenza pastorale oltre il limite.
• Non ho visitato la diocesi di Cuddapa, ma sono consapevole che là c'è un problema di casta, proprio come in molte altre diocesi in India. La presunta aggressione al vescovo e gli incidenti successivi sono pesantemente carichi di sentimenti di caste.
• È una grande sfida non solo per vescovi e superiori non ballare secondo la musica delle caste, non si può rimanere ingenui di fronte alla mentalità e alle pratiche di casta profondamente radicate che paralizzano l'umanità delle cosiddette caste superiori e schiacciano la dignità dei Dalit”.
19/05/2016 15:36