Cox’s Bazar, Sheikh Hasina visita il campo profughi dei Rohingya
Ha distribuito aiuti e raccolto testimonianze. Appello per un “sicuro ritorno dei profughi in Myanmar”. Dakha rimanda a Naypyidaw il riconoscimento della cittadinanza dei Rohingya. Le iniziative della Chiesa per l’assistenza delle vittime del conflitto.
Cox’s Bazar (AsiaNews) – “Siamo con i rifugiati dal Rakhine e daremo loro ogni tipo di assistenza, finché non faranno ritorno in Myanmar”. È quanto ha affermato ieri il Primo ministro bangladeshi, la sig.ra Sheikh Hasina, in occasione di una visita di 30 minuti al campo profughi di Kutupalong a Cox’s Bazar, città nei pressi del confine con il Myanmar. Durante il sopralluogo, la premier ha ascoltato le storie di alcuni fuggitivi.
Hasina ha invitato il vicino Myanmar ad interrompere le “inumane persecuzioni” ai danni della minoranza musulmana del Rakhine e lasciare che i rifugiati facciano ritorno dal Bangladesh. Il primo ministro ha ribadito che Dhaka intende mantenere rapporti amichevoli con Naypyidaw, ma “non tollera ingiustizie”.
Commossa dalle testimonianze raccolte, Hasina ha affermato: “[I rifugiati] sono esseri umani e vivranno come tali. Perché devono continuare a subire tali miserie? In quanto suoi cittadini, il Myanmar non ha il diritto di negar loro la cittadinanza. [Le autorità birmane] devono garantire la loro sicurezza, affinché possano fare ritorno nel Paese”. La premier ha anche dichiarato che il governo sta raccogliendo nomi, indirizzi e identità dei profughi dal Rakhine, di cui Dhaka non intende farsi carico.
“Conosciamo i loro problemi ed è nostra responsabilità occuparcene – ha proseguito il primo ministro bangladeshi mentre distribuiva generi di prima necessità – È per questo che abbiamo preso tali misure, per far sì che vivano qui correttamente e conducano una vita umana”.
Secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite, oltre 350mila Rohingya sono fuggiti in Bangladesh dall’inizio delle ultime violenze, lo scorso 25 agosto. I profughi accusano le forze di sicurezza birmane di atroci crimini contro l’umanità e di volerli cacciare dal Rakhine. Per contro, i militari e gli oltre 30 mila sfollati dei gruppi etnici accusano i musulmani per l’inizio delle ostilità, e denunciano le violenze subite per mano dell’Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa).
Durante la visita, pregando Allah per una sua benedizione, molti dei rifugiati hanno pianto e si sono rivolti al Primo ministro con l’appellativo di “madre”. “Il nostro Paese [il Myanmar] non ci vuole e non ci riconosce – hanno affermato – In quanto premier straniero, ascolti le nostre sofferenze!”. Una donna di nome Jamalika, originaria di Nisongpur (distretto birmano di Mundu) ha raccontato ad Hasina la sua storia. La profuga ha raccontato che i soldati dell’esercito birmano hanno ucciso il marito ed i suoi due bambini, prima di stuprare lei ed altre 30 donne. Nei giorni scorsi, l’inviato di AsiaNews a Cox’s Bazar ha raccolto altre storie di violenza.
Di fronte alla grave crisi umanitaria, Caritas Bangladesh, organizzazione per l’azione sociale della Chiesa cattolica, ha preso iniziativa per aiutare i Rohingya. James Gomes, direttore regionale per la zona di Cox’s Bazar, racconta oggi ad AsiaNews: “Abbiamo presentato alle autorità il nostro piano di distribuzione degli aiuti e speriamo di ottenere i permessi entro la fine della settimana. Forniremo ad ogni famiglia 15kg di riso, 2kg di legumi, 1kg di sale e olio, oltre ad alcuni prodotti per la casa e per cucinare. Un totale di 13.550 Rohingya riceverà la nostra assistenza”.
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23/11/2018 11:48