Cox's Bazar, delegazione Rohingya in Myanmar per valutare il rimpatrio
Un gruppo di 27 membri ha visitato alcuni villaggi costruiti nel distretto di Maungdaw, ma per tornare in Myanmar hanno chiesto garanzie di sicurezza e l'ottenimento della cittadinanza. Il progetto pilota, appoggiato da Pechino, prevede di coinvolgere almeno 1.100 rifugiati. Precedenti tentativi sono falliti per il timore di una recrudescenza delle violenze.
Cox’s Bazar (AsiaNews) - Una delegazione di 27 membri si è recata nei giorni scorsi nello Stato birmano del Rakhine per valutare il rimpatrio dei Rohingya dal campo profughi di Cox’s Bazar che ne ospita circa un milione, la maggior parte dei quali fuggiti alle persecuzioni dell’esercito nel 2017. Con il sostegno della Cina, il Bangladesh e il Myanmar stanno cercando di attuare un progetto pilota per iniziare il rimpatrio della minoranza musulmana prima della stagione dei monsoni, sperando che i Rohingya che hanno visitato il Rakhine convincano altri a tornare.
Il gruppo, formato da 20 rappresentanti Rohingya e 7 funzionari del Bangladesh, il 5 maggio ha visitato 15 villaggi di recente costruzione nel distretto di Maungdaw, ma una volta tornati a Cox’s Bazar i Roningya hanno sollevato diverse richieste, tra cui l’ottenimento della cittadinanza e la garanzia della loro sicurezza nel contesto dell’attuale guerra civile seguita al colpo di Stato del primo febbraio 2021. I delegati hanno espresso critiche e preoccupazioni sul progetto di rimpatrio: hanno dichiarato che non torneranno nel Rakhine se non saranno reinsediati nelle loro terre d'origine, dove al momento sorgono avamposti di polizia e caserme dell’esercito.
Mohammad Salim, residente del campo numero 26 che faceva parte della delegazione che ha visitato Rakhine, ha detto: "Dopo molti anni, abbiamo avuto l'opportunità di tornare in Myanmar. Abbiamo visto i campi lì. Abbiamo chiesto: ‘Perché il campo? Per chi?’. Ci hanno risposto: 'Per voi'. Ma che vantaggio ci sarebbe a tornare se non otteniamo protezione e la cittadinanza? A quel punto ci hanno detto che ci verrà data la Nationality Verification Card (NVC)", che molti Rohingya ritengono inadeguata. Salim ha spiegato che la NVC viene solitamente rilasciata agli stranieri: “In questo modo continueremo a essere trattati come ospiti. Se non ci viene data la terra non otterremo la cittadinanza”, ha commentato. "Abbiamo chiesto che ci venga restituita la terra nei nostri villaggi, poi costruiremo noi le case con i nostri soldi", ha aggiunto Salim.
Il Commissario per i rifugiati, il soccorso e il rimpatrio del Bangladesh, Mizanur Rahman, ha affermato che le parti dovrebbero fare concessioni per risolvere il problema: "Questi discorsi non risolveranno la questione. Come può un problema che non è stato risolto per 60-70 anni essere risolto in un giorno o due?". Il progetto pilota dovrebbe coinvolgere circa 1.100 rifugiati, ma non è ancora stata fissata una data di inizio.
Mizanur Rahman ha aggiunto che le autorità della giunta golpista birmana si recheranno in Bangladesh entro una settimana per ottenere la fiducia dei Rohingya e convincerli a sostenere il rimpatrio volontario. Prima d’ora l’esercito birmano aveva mostrato poca propensione a riprendersi i profughi, ai quali in passato non è mai stata concessa la cittadinanza. Già nel 2018 e nel 2019 c’erano stati tentativi di rimpatrio, falliti perché i Rohingya temevano una recrudescenza delle violenze nei loro confronti.
Ai membri della delegazione rohingya è stato detto che coloro che soggiorneranno nei nuovi villaggi riceveranno dal governo un acro di terreno agricolo e ai loro figli sarà data la possibilità di studiare nelle scuole statali. Durante la visita il commissario del distretto di Maungdaw, Aung Moi, ha mostrato un video sulle strutture presenti nei nuovi villaggi e ha invitato i rohingya a trasferirsi, mentre il vice commissario ha detto che i rohingya riceveranno la NVC, che sarà rilasciata per fasi.
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