17/12/2020, 14.14
SRI LANKA
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Covid-19: migranti srilankesi rimpatriati, additati come ‘untori’

di Melani Manel Perera

Almeno 45.900 migranti in Medio oriente e nei Paesi del Golfo attendono di essere rimpatriati. Sono senza lavoro, senza salario, senza liquidazione. Quelli che sono già tornati in patria sono accusati di diffondere il coronavirus e sono evitati da tutti. Nel 2019, grazie alle rimesse dei migranti, il Paese ha ricevuto 6,7 miliardi di dollari Usa, pari all’8,03% del Prodotto interno lordo. Lo Sri Lanka sta diventando un Paese che accoglie migranti, soprattutto cinesi e indiani.

Colombo (Asia News) – Decine di migliaia di srilankesi, lavoratori migranti, sono in attesa di ritornare in patria a causa della crisi economica innescata dalla pandemia. In seguito ai lockdown e alla chiusura di molte attività, 11.268 migranti sono stati rimpatriati da 14 Paesi; altri 45.900 attendono lo stesso destino. La loro situazione nei Paesi di emigrazione è difficile: in mancanza di lavoro, le ambasciate si preoccupano di offrire un riparo e del cibo, nell’attesa di ritornare in Sri Lanka. Molti di loro hanno lavorato per anni in Medio oriente e nei Paesi del Golfo come domestici, muratori, camerieri, sebbene vi siano anche persone con impieghi di livello medio. Il problema più grave è che essi sono stati licenziati senza ricevere l’ultimo salario e senza alcuna liquidazione. Fino ad ora le ambasciate non sono riuscite ad accordarsi coi governi stranieri per risolvere queste questioni. Intanto, i migranti sono costretti a tornare a mani vuote, pagando di tasca propria il volo di ritorno. Organizzazioni per i diritti umani e dei migranti chiedono al governo di Colombo di istituire un “meccanismo di giustizia urgente” per ripagare i migranti del furto del loro salario e per la perdita del lavoro. Ma finora la loro richiesta è rimasta inascoltata.

Quelli che sono ritornati si sono messi da subito a cercare opportunità di lavoro all’estero.

Coloro che rimangono subiscono spesso l’ira e il disprezzo della popolazione locale. I media, infatti, dipingono in generale i migranti come i responsabili della diffusione del Covid-19 nel Paese, accusandoli di essere gli “untori” della società. Un solo esempio: un insegnante d’asilo, nativa di Colombo, è tornata di recente da un Paese del Golfo. Sebbene abbia seguito tutte le indicazioni del ministero della Sanità per la quarantena, è isolata e rifiutata dai suoi vicini. Fino ad ora, a causa della pandemia in Sri Lanka sono morte 68 persone.

Organizzazione non governative premono che il Paese si doti di strutture per gestire i diritti dei migranti all’estero e in patria.

Secondo l’Ufficio per l’impiego all’estero (Sri Lanka Bureau of Foreign Employment, Slbfe), vi sono almeno 1,2 milioni di cittadini dello Sri Lanka che lavorano in altri Paesi. Nel 2019, grazie alle rimesse dei migranti, il Paese ha ricevuto 6,7 miliardi di dollari Usa, pari all’8,03% del Prodotto interno lordo.

Francis Solomantine (foto 2), a lungo migrante a Dubai, commenta: “Il governo dovrebbe creare maggiore consapevolezza per la coesione sociale e la coesistenza, per aiutare a integrarsi i migranti che ritornano. Allo stesso tempo, dovrebbe creare collaborazioni con le imprese per facilitare il reinserimento dei migranti nel tessuto economico”.

Promuovere politiche a favore dei migranti e dei loro diritti umani è importante anche per le prospettive future. Lo Sri Lanka sta passando da Paese dallo sviluppo post-bellico, con migranti che vanno all’estero, a un Paese ad economia di libero mercato, che riceve lavoratori migranti, come ad esempio i cinesi e gli indiani impiegati nelle gigantesche infrastrutture nazionali: autostrade, porti, aeroporti.

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