Covid-19: Riyadh riapre le moschee ai fedeli, a Gerusalemme in centinaia al-Aqsa
Per la prima volta da due mesi il regno saudita allenta le restrizioni ai luoghi di culto. Resta l’obbligo di distanziamento e di indossare le mascherine. L’accesso è vietato a minori, anziani e malati cronici. Ai leader religiosi l’obbligo di mantenere sermoni e preghiere sotto i 15 minuti.
Riyadh (AsiaNews/Agenzie) - Per la prima volta in oltre due mesi, lo scorso fine settimana le moschee dell’Arabia Saudita hanno aperto le porte ai fedeli per un allentamento generale del lockdown imposto dalle autorità del regno per contenere la pandemia di Covid-19. “È bello - sottolinea Abdulmajeed al-Mohaisen, responsabile dell’invito alla preghiera alla moschea di Al-Rajhi a Riyadh- sentire la misericordia divina e poter richiamare alla preghiera nelle moschee, invece di invitarli a restare a casa”.
I fedeli si sono diretti già dall’alba nei luoghi di culto, utilizzando le mascherine protettive e i guanti. Proibite le strette di mano e permane l’obbligo di distanziamento di due metri fra persone. Ancora vietato l’accesso ai luoghi di culto per anziani, bambini al di sotto dei 15 anni e malati cronici. Vi è anche l’obbligo di svolgere il tradizionale rito dell’abluzione - che prevede il lavaggio di volto, mani, braccia e gambe - presso la propria abitazione.
In un messaggio rilanciato su Twitter il ministero saudita degli Affari islamici sottolinea che “i fedeli sono accorsi nella casa di Dio per adempiere gli obblighi (della preghiera) in seguito alla riapertura delle moschee”. Il dicastero ha inoltre diffuso un video che mostrava un luogo di culto con fedeli disciplinati nell’indossare mascherine e nel disinfettarsi le mani con gli appositi dispositivi sanitari.
Le autorità hanno chiesto alle singole moschee di evitare assembramenti e la distribuzione di cibo, incenso e acqua. Tuttavia, in alcuni casi sono avvenute violazioni alle norme e non sono mancati casi di fedeli che non hanno osservato le disposizioni in vigore. Restano ancora sospesi i pellegrinaggi (Hajj e Umrah), che attraggono ogni anno milioni di persone da tutto il mondo.
Sinora in Arabia Saudita, nazione di circa 30 milioni di abitanti, si sono registrati oltre 83mila casi di nuovo coronavirus e 480 vittime ufficiali. Si tratta del dato più alto fra le nazioni del Golfo, ma i numeri restano di gran lunga inferiori a quelli registrati in Europa o Stati Uniti.
Scene analoghe si registrano anche a Gerusalemme, dove centinaia di musulmani hanno pregato - a turno - all’interno della moschea di al-Aqsa, il terzo luogo santo più importante per l’islam, riaperta al pubblico come il Santo Sepolcro e la Natività a Betlemme per i cristiani. All’ingresso in moschea risuonava il canto “Dio è grande” (Allah Akhbar), mentre alcuni fedeli baciavano il terreno. All’interno venivano applicate le misure di contenimento della pandemia di coronavirus già registrate in altre parti del mondo, fra cui distanziamento minimo, rilevazione della temperatura agli ingressi e l’obbligo delle mascherine.
Al-Aqsa è chiusa da marzo ed è rimasta interdetta ai fedeli per tutto il periodo di Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera da poco concluso. Nei giorni scorsi, alla viglia delle riaperture, milioni di fedeli hanno rilanciato in rete messaggi in diverse lingue che stabilivano il nuovo regolamento da adottare quando si visita un luogo di culto. Fra le varie indicazioni impartite ai leader religiosi, vi è anche quella di non prolungare sermoni e preghiere oltre i 15 minuti.