Coronavirus: le borse cinesi recuperano. Previsioni funeste per l’economia
Shenzhen e Shanghai rimbalzano in terreno positivo dopo gli interventi della Banca centrale. Gli esperti prevedono però problemi per l’economia reale. Pil cinese stimato al di sotto delle attese nel 2020, con effetti devastanti per Hong Kong e i Paesi limitrofi.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le borse cinesi recuperano per il terzo giorno consecutivo dopo il tonfo del 3 febbraio, dovuto ai timori per la diffusione del coronavirus di Wuhan. A metà pomeriggio, Shanghai si è attestata all’1,70% e Shenzhen al 2,90%.
Per gli esperti, gli stimoli decisi dalle autorità finanziarie di Pechino hanno influito in modo positivo sui mercati locali – e anche su quelli esteri. La Banca popolare cinese (Pboc) ha iniettato oltre 1000 miliardi di yuan (158 miliardi di euro), ha tagliato i tassi di interesse, abbassato la soglia minima dei depositi bancari e ordinato alle banche di non chiedere la restituzione dei prestiti alle aziende presenti nelle aree colpite dall’epidemia. Un aiuto è stato offerto anche dalle industrie di Stato, che hanno acquistato azioni per stabilizzare il mercato finanziario.
In un ulteriore segno di fiducia, la banca centrale cinese ha dichiarato oggi che la liquidità nel sistema bancario è adeguata e che non sono necessarie nuove iniezioni di capitale.
Ma mentre i mercati finanziari sembrano premiare gli interventi del governo di Pechino, le previsioni per l’economia reale rimangono funeste. Oxford Economics stima che a causa del coronavirus l’economia cinese crescerà meno del 4% nel primo trimestre del 2020 – rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La crescita per l’intero anno è fissata al 5,6%, al di sotto delle aspettative di Pechino, che prima della scoppio della crisi epidemica l’aveva prevista al 6%. Per l’economia mondiale, già indebolita dalla guerra commerciale tra Usa e Cina, la contrazione dovrebbe limitarsi allo 0,2%.
Secondo uno studio di Bloomberg, la “quarantena” commerciale in cui si trova la Cina avrà effetti devastanti per gli Stati limitrofi, che dipendono dalle importazioni cinesi, soprattutto nell’acquisto di beni intermedi. La Cambogia, ad esempio, acquista dalle aziende cinesi il 45% dei semilavorati che poi trasforma in prodotti finiti.
Hong Kong, segnata da mesi di scioperi e manifestazioni del movimento per la democrazia, dovrebbe registrare il calo più vistoso, stimato all’1,8% nel primo trimestre dell’anno. Gli Stati Uniti e l’Europa dovrebbero invece assorbire meglio i contraccolpi della paralisi economica provocata in Cina dall’epidemia polmonare.
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