Corea del Sud e Giappone indagano sulle stazioni di polizia ‘clandestine’ di Pechino
Si aggiungono ad altri 12 Paesi che hanno avviato controlli. Tokyo ha presentato una protesta formale al governo cinese. Secondo Safeguard, le strutture illegali sono 102 in 53 Paesi. Pechino ribatte che è tutto in regola e che tali uffici svolgono compiti burocratici. I Paesi Bassi hanno già chiuso due postazioni.
Pechino (AsiaNews) – Le autorità sudcoreane e nipponiche hanno aperto un’indagine sulla possibile presenza nel loro territorio di stazioni “extraterritoriali” di polizia che la Cina gestirebbe nelle sue sedi diplomatiche.
Seoul e Tokyo si sono attivate dopo la denuncia dell’organizzazione non governativa spagnola Safeguard Defenders, secondo cui i cinesi hanno creato 102 postazioni di sicurezza illegali in 53 Paesi. In base alla Convenzione di Vienna, sottoscritta anche dalla Cina, i servizi diplomatici devono essere offerti da ambasciate e consolati riconosciuti dai governi ospitanti.
In Corea del Sud sarebbe presente una stazione clandestina: Forze armate, controspionaggio e vari ministeri di Seoul sono impegnati a verificarne l’eventuale esistenza. In Giappone sarebbero due, secondo lo Yomiuri Shimbun. Il dicastero giapponese degli Esteri ha presentato una formale protesta al governo cinese in cui avverte che se scoperte, attività di questo tipo “non saranno tollerate”.
Pechino si difende sostenendo che le strutture incriminate sono in linea con il diritto internazionale e servono ad accelerare pratiche burocratiche rallentate dagli effetti della pandemia da Covid-19, come il rinnovo delle patenti auto ai propri cittadini che risiedono all’estero.
Safeguard ha ribattuto che la Cina ha aperto le stazioni prima dello scoppio della crisi sanitaria mondiale. La sua accusa è che gli avamposti non registrati da Pechino siano usati in realtà per individuare, monitorare e ridurre al silenzio oppositori e dissidenti politici cinesi. Safeguard sostiene che agenti di Pechino coinvolti in queste operazioni abbiano “forzato” centinaia di migliaia di connazionali a rimpatriare, spesso per affrontare dei processi.
Il primo novembre il governo olandese ha reso noto di aver chiuso due “stazioni di polizia cinesi illegali”; pochi giorni prima la polizia canadese aveva confermato la presenza di tre strutture clandestine di Pechino nell’area di Toronto. Al momento indagini sulla vicenda sono in corso anche in Austria, Cile, Repubblica Ceca, Germania, Irlanda, Nigeria, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito, Usa e Italia (che ha messo fine ai pattugliamenti congiunti sul proprio territorio con poliziotti cinesi).