Corea, i sopravvissuti del Sewol: Equipaggio e Guardia costiera ci hanno abbandonato
Seoul (AsiaNews) - I membri dell'equipaggio del Sewol e i funzionari della Guardia costiera "non hanno fatto nulla per aiutare gli studenti e i passeggeri del traghetto, neanche quando l'affondamento era già evidente". Lo hanno testimoniato ieri 6 giovani sopravvissuti al disastro navale avvenuto lo scorso 16 aprile davanti alle coste sud-occidentali del Paese. Nella tragedia, che ha scosso l'intero Paese, sono morte più di 300 persone: la maggior parte erano studenti liceali diretti nell'isola di Cheju per una gita scolastica.
Il processo a carico dei membri dell'equipaggio si è aperto ieri ad Ansan, nella provincia Gyeonggi, pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo senza vita di Yoo Byung-eun, proprietario di fatto del traghetto che si era dato alla fuga subito dopo il disastro. Il racconto dei testimoni denuncia il comportamento delle squadre di soccorso: "Eravamo circa 30 studenti, tutti nei pressi delle uscite di emergenza, ma non è arrivato nessuno. Ci siamo buttati in acqua, ma un'onda ha coperto l'uscita: 10 nostri amici non sono riusciti a lanciarsi in tempo".
Il capitano del traghetto Lee Joon-seok e altri 15 membri dell'equipaggio sono accusati di omicidio colposo: la base d'accusa è "aver lasciato almeno 476 persone in pericolo mentre di mettevano in salvo". Il processo contro il personale si terrà a Gwangju, vicina al luogo del disastro, ma le testimonianze vengono raccolte ad Ansan per evitare ai ragazzi il trauma di dover tornare sul luogo dell'affondamento. Tutti i testimoni hanno chiesto una "punizione esemplare" per "chi doveva aiutarci e non l'ha fatto".
Con ogni probabilità, il processo civile contro l'equipaggio finirà con diverse condanne. Tuttavia la vera causa del disastro e la possibilità che le vittime dei familiari vengano risarcite dal governo sembra ancora molto lontana, dato che a 100 giorni dall'affondamento il governo e il Parlamento non hanno ancora varato il decreto legge che tutela i sopravvissuti e le loro famiglie. Per questo, da giorni vanno avanti manifestazioni e scioperi della fame per chiedere "giustizia e verità" all'esecutivo di Seoul.
Il presidente della Commissione episcopale Giustizia e Pace ha portato il proprio conforto ad alcuni dei familiari in sciopero della fame. Parlando della lentezza nel fare luce sull'accaduto, mons. Lee Yong-hun ha dichiarato: "C'è qualcosa di chiaramente sbagliato in una società in cui la gente che perde un familiare deve chiedere fino alla disperazione che venga fatta luce sulla sua perdita. Serve subito l'approvazione della legge speciale. Il governo ha la responsabilità di mettere il bene pubblico e la dignità dell'essere umano al di sopra di ogni altra valutazione di tipo politico".
23/03/2017 09:00