11/12/2015, 00.00
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Continua a scendere il prezzo del petrolio. L’Opec non riduce la produzione

Nel mese di novembre la produzione Opec è cresciuta di 230mila barili al giorno. Il prezzo al barile è sceso sotto i 40 dollari. L’Arabia saudita perderà 100miliardi di dollari di entrate. A rischio 250mila posti di lavoro.

Beirut (AsiaNews) – Sui mercati asiatici odierni il prezzo del barile di petrolio continua la sua discesa a livelli che non si vedevano da anni. Nonostante ciò, l’Opec (l’organizzazione delle nazioni esportatrici di petrolio, guidate dall’Arabia saudita) non riduce la sua produzione. Anzi, ieri ha comunicato che nel mese di novembre essa ha accresciuto la produzione di 230.100 barili al giorno, portandola a 31,7 milioni, il livello più alto degli ultimi tre anni e mezzo, molto superiore al tetto di 30 milioni che si era dato.

Il prezzo al barile è sceso ormai sotto i 40 dollari Usa. Negli Usa il petrolio per gennaio è sceso a 36,54 dollari; il Brent a 39,48. Sono i prezzi più bassi dal 2009, in piena crisi economica.

In passato, se il prezzo del petrolio scendeva, l’Opec lo riequilibrava riducendo la produzione. Molti analisti cercano di comprendere la nuova strategia. Secondo alcuni tenere basso il prezzo del petrolio mira a colpire due produttori concorrenti, la Russia e l’Iran, che sono anche oppositori politici dell’espansione saudita nel Medio oriente.

Altri affermano che la scelta dell’Opec vuole colpire gli Stati Uniti, ormai divenuti quasi autosufficienti nella produzione di petrolio, grazie all’estrazione del petrolio di scisto. Tale prodotto però ha costi alti e diviene anti-economico se il prezzo del greggio rimane sotto i 50 dollari.

Altri ancora fanno notare che Europa e America hanno ridotto il loro consumo di petrolio. In tal modo, l’Opec è costretta a competere con altri produttori sul mercato asiatico e i prezzi bassi sono necessari per  mantenere e ampliare la propria fetta di mercato.

Per il momento, i prezzi così bassi stanno mettendo in grave difficoltà Nigeria, Venezuela, Algeria, Brasile, Russia, Iran. Ma molti si domandano cosa succederà all’Arabia saudita, che con questa politica sta perdendo 100 miliardi di dollari all’anno di entrate, rischiando possibili tensioni sociali.

Si calcola che se tale trend continuerà, l’industria petrolifera mondiale perderà almeno 250mila posti di lavoro.

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