Conflitto siriano, Onu: un milione di persone sotto assedio, ad Aleppo condizioni terrificanti
Il responsabile delle Nazioni Unite per le operazioni umanitarie parla di persone “isolate, affamate, bombardate e private di cure mediche e di assistenza umanitaria”. Dalle forze governative l’uso deliberato di “tattiche crudeli”. A novembre i razzi dei ribelli ad Aleppo hanno provocato oltre 60 vittime civili nel settore occidentale. L’inerzia del Consiglio di sicurezza.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Il numero delle persone che vivono sotto assedio in Siria è raddoppiato nell’ultimo anno, passando da 486.700 a 974.080 negli ultimi sei mesi. È quanto ha affermato il coordinatore delle operazioni umanitarie Onu in Siria Stephen O’Brien, durante un intervento ieri al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L’alto diplomatico ha parlato di persone “isolate, affamate, bombardate e private di cure mediche e di assistenza umanitaria, per costringerle ad arrendersi o a fuggire”.
In Siria, e in particolare ad Aleppo, la situazione sembra essere sempre più disperata. Fonti locali riferiscono di colpi di mortaio, ordigni e barili bomba scagliati dall’aviazione del regime sul settore orientale. E ancora, la gravissima crisi umanitaria a causa della mancanza di cibo e dell’interruzione - prolungata - nelle consegne degli aiuti.
Nella zona est della metropoli del nord, un tempo capitale economica e commerciale del Paese, e in cui vivono circa 250mila persone in condizioni di assedio, non vi sarebbero più ospedali operativi. In un raid aereo dell’aviazione siriana il 20 novembre scorso è rimasto colpito anche l’ultimo nosocomio sinora operativo e la situazione a livello sanitario è sempre più critica.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a est “non vi sono più ospedali funzionanti”.
Violenze si registrano anche ai danni del settore occidentale, controllato dal governo e abitato dalla grande maggioranza della popolazione (circa 1,2 milioni di persone). Solo a novembre sono caduti oltre 350 colpi di mortaio e razzi lanciati dai ribelli in modo indiscriminato, che hanno colpito nella maggior parte dei casi obiettivi civili.
Sarebbero almeno 60 le persone morte in tre settimane nella zona ovest, circa 350 i feriti. Fra i vari obiettivi civili finiti nel mirino dei razzi lanciati dai ribelli vi è anche una scuola pubblica, colpita il 20 novembre scorso; secondo fonti governative nell’attacco sarebbero morti almeno otto bambini.
Intervenendo al Consiglio di sicurezza Onu, Stephen O’Brien ha denunciato la “deliberata tattica di crudeltà” utilizzata dalle forze armate fedeli al presidente siriano Bashar al Assad. In queste settimane sarebbero aumentate anche le aree sotto assedio, che ora comprendono anche i sobborghi di Jobar, Hajar al-Aswad e Khan al-Shih a Damasco, così come diversi villaggi nell’area agricola di Ghouta, nella periferia orientale della capitale.
Oltre alla capitale, la situazione più critica secondo l’alto funzionario delle Nazioni Unite si registra proprio ad Aleppo, soprattutto nel settore orientale, dove le condizioni umanitarie sono “passate da terribili a terrificanti” e ora “si fatica a sopravvivere”. Al contempo si è registrato un “aumento massiccio” nell’uso di “tattiche crudeli”, in particolare “da parte del governo siriano”.
Infine, Stephen O’Brien non ha risparmiato critiche nemmeno allo stesso Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, a suo avviso “apparentemente incapace o reticente” nel tentativo di mettere fine alla guerra. Del resto il veto posto dalla Russia ha bloccato sinora tutte le iniziative inerenti il dossier siriano, innalzando la tensione fra le varie potenze.
Nel contesto dell’incontro, l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’Onu Samantha Power ha diffuso una lista di alti ufficiali siriani responsabili - secondo Washington - di attacchi contro civili e che andrebbero consegnati alla giustizia. A dispetto della denuncia, l’amministrazione statunitense appare sempre più debole nello scacchiere siriano, dove il presidente uscente Barack Obama non ha mai voluto davvero impegnarsi a fondo in una campagna militare. Questo ha favorito la resistenza del governo di Damasco, rafforzato nell’ultimo anno dall’intervento dell’alleato russo e dall’interventismo del presidente Vladimir Putin. E la riconquista di Aleppo, in questo contesto, sembra essere secondo gli esperti “questione di settimane” e comunque da raggiungere prima dell’insediamento della nuova amministrazione Usa, il 20 gennaio prossimo.
Sullo sfondo, il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, che sembra intenzionato a ricucire i rapporti con il Cremlino dopo anni di gelo. La vittoria alle primarie del centro-destra francese di François Fillon, candidato dei repubblicani all’Eliseo nelle prossime presidenziali, sembra essere un altro elemento a vantaggio del governo siriano. In queste settimane Fillon ha ripetuto a più riprese che di fronte “al totalitarismo islamico” bisogna riunire “tutte le forze possibili, tutti gli Stati possibili, che siano essi democratici o meno”. Un assist diretto al presidente Assad.
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