Confini marittimi: centinaia di vietnamiti in piazza contro “l’imperialismo” cinese
Il vertice a Singapore non ha appianato le tensioni fra Pechino, Hanoi e Manila. Ministro cinese della Difesa: nessun espansionismo militare o egemonia. Ma Vietnam e Filippine comprano sottomarini a difesa delle acque e invocano l’intervento Usa. Ad Hanoi e Ho Chi Minh proteste dei cittadini per le invasioni alle isole Spratly e Paracel.
Hanoi (AsiaNews/Agenzie) – Resta alta la tensione fra Pechino, Hanoi e Manila sui confini marittimi nel mar Cinese meridionale. Nel fine settimana a Singapore si è tenuto un incontro sulla sicurezza nell’area dell’Asia-Pacifico e delle “incursioni” di navi cinesi nelle acque attorno alle isole Spratly e Paracel. Ieri ad Hanoi e Ho Chi Minh City centinaia di vietnamiti hanno attuato manifestazioni di piazza per rivendicare il legittimo possesso delle isole (e delle enormi risorse del sottosuolo).
Nel suo intervento a Singapore, il gen. Liang Guanglie, ministro cinese della Difesa, ha sottolineato le intenzioni pacifiche di Pechino, tesi subito smentita dai delegati vietnamita e filippino. Il ministro ha spiegato che la Cina non costituisce una “minaccia militare”, a dispetto della crescita economia. “Non siamo […] alla ricerca di egemonia o espansionismo militare – ha aggiunto il gen. Liang - … Questa è una promessa solenne fatta dal governo cinese alla comunità internazionale”.
Tuttavia, le rassicurazioni della Cina vengono rispedite al mittente da Vietnam e Filippine. Phung Quang Thanh, ministro vietnamita della Difesa, è preoccupato per gli “incidenti” delle ultime settimane nel mar Cinese meridionale. Hanoi avrebbe acquistato sottomarini russi come “deterrente” a difesa delle proprie acque. L’omologo di Manila ha chiesto l’intervento degli Stati Uniti, che dovrebbero “esercitare il potere di persuasione” nei confronti della Cina.
Voltaire Gazmin, ministro filippino della Difesa, ha ricordato le prevaricazioni della marina cinese, fra cui il recente posizionamento di materiale da costruzione su un isolotto, compreso nelle acque territoriali filippine. Le nazioni del Sud-est asiatico parlano di aperta violazione del Codice di condotta – sottoscritto da Cina e Paesi Asean nel 2002 – nel mar Cinese meridionale e hanno presentato una protesta formale contro Pechino. In risposta, i funzionari cinesi hanno avvertito il Vietnam a non creare “nuovi incidenti”
Ieri, intanto, ad Hanoi e Ho Chi Minh City si sono svolte manifestazioni di protesta davanti alle rappresentanze diplomatiche cinesi in Vietnam. Nella capitale circa 300 persone hanno marciato verso l’ambasciata cinese, brandendo cartelli e lanciando slogan contro le mire di Pechino sulle isole Spratly e Paracel. Un migliaio, invece, i manifestanti che hanno preso di mira il consolato cinese a Ho Chi Minh City. L’intervento della polizia ha disperso i manifestanti, che si erano dati appuntamento nei giorni scorsi attraverso campagne in internet ed sms telefonici.
Si tratta della seconda protesta pubblica in Vietnam contro il gigante cinese. Nel 2007 centinaia di cittadini hanno circondato l’ambasciata ad Hanoi, per sostenere le rivendicazioni del governo sulle disabitate, ma assai ricche di risorse e materie prime, isole Spratly e Paracel. Fra le nazioni della regione Asia-Pacifico, la Cina è quella che avanza le maggiori rivendicazioni in materia di confini marittimi. L’egemonia nell’area riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento delle materie prime, fra cui petrolio e gas naturale. A contendere le mire espansionistiche di Pechino vi sono il Vietnam, le Filippine, la Malaysia, il Sultanato del Brunei e Taiwan, cui si uniscono la difesa degli interessi strategici degli Stati Uniti nell’area.
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