Conferenza di Londra: una “mano tesa” ai talebani “pentiti”
Kabul (AsiaNews) – I rappresentanti della comunità internazionale riuniti a Londra (70 Paesi) “tendono una mano” ai ribelli talebani “pentiti” che abbandonano le armi. E’ stato pure approvato un fondo (si parla di 500 milioni di dollari) per assicurare –come dice la bozza di dichiarazione finale dei lavori alla Lancaster House- “un posto dignitoso nella società a coloro che rinunceranno alla violenza, parteciperanno alla società civile e rispetteranno i principi della costituzione afghana, taglieranno i propri legami con al-Qaeda e altri gruppi terroristici e perseguiranno i propri obiettivi politici in maniera pacifica”. Fonti di AsiaNews esprimono speranza, ma anche scetticismo su tale “nuova” strategia.
E’ stata accolta la linea del presidente afgano Karzai, che aveva chiesto di poter “tendere una mano ai nostri compatrioti, in specie ai nostri fratelli che non sono più membri di al-Qaeda o di altri gruppi terroristi”. Kabul si è anche impegnata ad “assumere la responsabilità della sicurezza entro 5 anni”.
Karzai è apparso sicuro della risposta positiva degli ex ribelli e ha preannunziato una “jirga (tradizionale assemblea tribale) della pace” insieme a capi talebani, per discutere e suggellare la riconciliazione. Poi, entro l’anno, è prevista una nuova assemblea internazionale.
Positivi e ottimisti i commenti dei partecipanti, convinti di avere imboccato la via giusta. Il ministro britannico degli Affari esteri, David Milliband (che si è impegnato a sostenere con oltre 140 milioni di dollari il fondo per il reinserimento degli ex rivoltosi), ha detto che il 2010 “sarà un anno decisivo” per l’Afghanistan.
La Segretaria di Stato Usa Hillary Clinton ha comunque ribadito la prosecuzione dell’impegno Usa “durante la transizione”, per la quale non sono state indicate possibili scadenze.
Irridenti i commenti dei talebani, che hanno definito la Conferenza quale “uno strumento di propaganda” che non avrà risultati.
I Paesi riuniti hanno poi deciso di condizionare un aumento del 50% in due anni degli aiuti erogati a Kabul ai progressi nella lotta alla corruzione.
Intanto nei giorni scorsi la tribù afghana Shinwari si è impegnata a tenere i talebani fuori dal proprio territorio, promettendo di bruciare le case di chi li aiuta e di costringerlo a pagare una sanzione fino a 20mila dollari. In cambio, la tribù riceverà 200mila dollari in programmi di lavoro e un milione in uno speciale fondo. La Shinwari domina 5 distretti di circa 600mila persone nella provincia Nangarhar.
Malik Niyaz, capo di uno dei più potenti dei 12 sottogruppi della tribù, ha spiegato che “noi non possiamo rivolgerci al governo per nessuna cosa”. Egli comanda una milizia di circa 400 uomini che a luglio ha combattuto i talebani uccidendone almeno 4.
Positivo ma perplesso il commento di fonti locali sentite da AsiaNews. “E’ bene –dice la fonte, che ha chiesto l’anonimato- che si cominci a capire che la lotta coi talebani non può essere vinta solo con le armi. Ma il problema resta la necessità che qualcosa cambi nel Paese”.
“Il primo cambiamento deve avvenire nei servizi essenziali, come sanità e istruzione. Occorre che si veda la possibilità di un cambiamento. La forza dei talebani è anzitutto la consapevolezza che gli Stati occidentali andranno via, prima o poi, mentre loro resteranno”.