Condannati al carcere la moglie, i due figli e il genero dell’ex presidente Chen Shuibian
Taipei (AsiaNews/Agenzie) – La moglie, il figlio, la figlia e il genero dell’ex presidente taiwanese Chen Shuibian sono stati condannati ieri al carcere per falsa testimonianza, nella vicenda che vede Chen accusato di corruzione.
La Corte distrettuale di Taipei ha condannato la moglie Wu Shuchen a due anni di carcere per falsa testimonianza e per avere istigato i figli allo spergiuro e ad utilizzare ricevute di acquisti personali per ricevere rimborsi dallo Stato. Pena ridotta a un anno perché la donna ha poi confessato e ammesso il reato. Il figlio Chen Chihchung, la figlia Chen Hsingyu e il genero Chao Chienming hanno avuto condanne di 1 anno pure per spergiuro, ridotta a 6 mesi ciascuno per la successiva confessione. In precedenza il figlio, la figlia e la nuora di Chen erano già stati ritenuti colpevoli per avere riciclato denaro ritenuto provento di reato, accettando di farlo versare su conti esteri loro intestati.
Il tribunale non ha concesso la sospensione della pena perché i quattro hanno pendenti altre accuse collegate alla vicenda. Per cui è reale il rischio di andare in prigione. Si prevede che faranno appello.
Wang Shihshih, già collaboratore di Chen, ha definito la sentenza “del tutto ingiusta” e ha commentato che gli accusati potevano essere perdonati, dopo la confessione. All’opposto ambienti del Partito Kuomintang, contrario a Chen, hanno parlato di sentenza troppo blanda.
L’ex presidente è detenuto da dicembre (nella foto) con l’accusa di corruzione e di appropriazione di denaro pubblico, accuse che possono portare a una condanna all’ergastolo. Chen, presidente dal 2000 al 2008, ha sempre negato l’accusa, che ritiene motivata da ragioni politiche e voluta dal suo successore l’attuale presidente Ma Ying-jeou per contrastare la sua posizione indipendentista e in aperto contrasto con la politica di Pechino. La sentenza è attesa per l’11 settembre, anche contro la moglie Wu pure per corruzione e contro il figlio e la nuora per riciclaggio di denaro.
Analisti osservano che la severa condanna, di certo non sgradita a Pechino, arriva proprio in un momento di difficoltà nelle relazioni tra i due Paesi, seguite alla visita a Taiwan del Dalai Lama e alle conseguenti proteste della Cina.