Con una risoluzione non vincolante l'Onu condanna Assad e sostiene i ribelli
New York (AsiaNews/ Agenzie) - L'Assemblea generale dell'Onu condanna il regime di Damasco per l'escalation di violenze e riconosce la Coalizione nazionale siriana "interlocutore efficace le una futura transizione politica", ma non come unico legittimo rappresentante, andando contro le richieste della Lega Araba. Conclusasi ieri sera, la riunione delle Nazioni Unite anticipa l'incontro fra Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, e il Primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan che si terrà oggi a Washington.
La risoluzione, considerata da molti solo "simbolica" e non vincolante, ha raccolto 107 voti favorevoli, 12 contrari e 59 astensioni. I voti a sostegno sono calati rispetto all'approvazione del testo precedente avvenuta il 3 agosto 2012, passato con 133 voti a favore, 12 contrari e 31 astensioni. Anche in questa occasione la Russia e Cina si sono pronunciati negativamente, seguiti da Iran, Cuba, Corea del Nord e il Nicaragua. Argentina, Brasile, Uruguay, India, Indonesia e diversi Paesi africani (Sud Africa, Togo, Guinea) si sono invece astenuti.
Il testo condanna "la continua escalation" di attacchi da parte dell'esercito siriano e le sue "gravi violazioni" dei diritti umani e invita "tutte le parti a cessare ogni forma di violenza, compresi gli atti terroristi". La risoluzione chiede a entrambe le parti di partecipare a una "transizione politica" in base alla Dichiarazione di Ginevra del 30 giugno 2012, che prevede un governo di transizione. Il documento non affronta il destino di Bashar al-Assad e il suo eventuale allontanamento dal Paese. Molto risalto è stato dato al "sostegno finanziario di emergenza" per Giordania, Libano e Turchia, Paesi che accolgono da mesi centinaia di migliaia di profughi in fuga dalla guerra. L'Onu ha espresso anche la sua preoccupazione per il possibile utilizzo di armi chimiche nel conflitto, ma nonostante vi siano voci su un coinvolgimento dei ribelli, non afferma nulla sul reale impiego degli arsenali da una parte o dall'altra.
Come avvenuto in altre occasioni, la riunione dell'Assemblea ha fatto emergere le divisioni all'interno della comunità internazionale, nonostante gli sforzi compiuti in queste settimane da Russia e Stati Uniti per spingere ribelli e regime di Assad al tavolo dei negoziati. Bashar Jaafari, delegato siriano ha puntato il dito contro i sostenitori della risoluzione accusandoli di "non volere un accordo, ma un cambio di regime" a Damasco. Contrario anche Alexander Pankin, rappresentante russo alle Nazioni Unite. Egli ha definito il testo "di parte", sottolineando che esso incoraggia l'opposizione a combattere, minando i tentativi di una mediazione. Rosemary di Carlo (Stati Uniti), Gerard Araud (Francia) sostengono il documento e, al contrario di Mosca, affermano che esso "aiuterà i ribelli ad andare verso il dialogo".
Iniziato sull'onda della Primavera araba del 2011, il conflitto siriano si è ormai evoluto in una guerra civile settaria fra la maggioranza della popolazione islamica sunnita (65%) e la minoranza alawita guidata dal presidente Bashar al-Assad. Secondo molti analisti e leader politici, fra cui lo stesso Mu'adh al-Khatib, presidente uscente della Coalizione nazionale siriana, lo scontro è fomentato dall'influenza di Paesi esterni che con l'invio di armi a entrambe le parti hanno ampliato l'entità del conflitto, che ha fatto finora almeno 80mila vittime.
Tali divisioni, alimentate dall'ingresso di milizie terroriste islamiste, rischiano di frammentare la Siria in piccole enclavi religiose. Il clima di tensione è ormai debordato oltre confine, emergendo anche nel vicino Libano, che in questi mesi ha accolto quasi un milione di profughi siriani. Da decenni il Paese e l'attuale governo di coalizione soffrono della opposta influenza di Hezbollah, movimento sciita e dei partiti sunniti della coalizione 14 marzo guidata dal Saad Hariri. I primi sono considerati i più fedeli alleati di Damasco, mentre i secondi sostengono i ribelli, finanziati in gran parte dai Paesi del Golfo. Da marzo le città di Tripoli (nord del Libano) e Sidone (Libano del sud) e alcuni quartieri di Beirut sono sconvolti da continui scontri, fra le varie fazioni costati già decine di morti.