Con la visita di Hu sboccia una “calda primavera” tra Pechino e Tokyo
di Pino Cazzaniga
Il viaggio del presidente cinese dovrebbe aver aperto tra i due Paesi una stagione di relazioni stabili ed amichevoli, sancita dalla decisione di tenere ogni anno un vertice. Segno del nuovo corso anche le parole usate per il rievocare il passato.
Tokyo (AsiaNews) – “Aprire la via per una nuova epoca” nelle relazioni tra Cina e Giappone era lo scopo principale della visita di Stato che il presidente cinese Hu Jintao ha fatto al Giappone dal 6 al 10 maggio. Di importanza storica, aveva scritto alla vigilia l’editorialista del The Japan Times. I risultati gli danno ragione.
Fin dall’arrivo, Hu ha detto che “lo sviluppo di relazioni stabili ed amichevoli a lungo termine tra la Cina e il Giappone è nell’interesse fondamentale delle due nazioni e dei due popoli”. In questa prospettiva la visita è stata voluta dai leader dei due Paesi fin dall’autunno del 2006. Essa segue la quella a Pechino dell’allora primo ministro giapponese Shinzo Abe nell’autunno del 2006, qualificata come “rompighiaccio” e la “visita del disgelo” a Tokyo del premier cinese Wen Jiabao (2007) che, combinate con quella in Cina dell’attuale primo ministro giapponese Yasuo Fukuda hanno aiutato a superare la situazione di incomunicabilità tra i due governi, dovute alle differenti interpretazioni del militarismo giapponese.
Fukuda, sostenitore di rapporti amichevoli con le vicine nazioni dell’Asia, in particolare con la Cina, nel dicembre scorso aveva detto al premier cinese Wen: “Voglio assicurarmi che l’anno prossimo sia un balzo in avanti nelle relazioni tra Giappone e Cina”. Il 2008, effettivamente, gli offre tre occasioni per incontrarsi con il presidente Hu: il vertice appena concluso, il summit dei G-8 che si terrà in luglio nell’Hokkaido (Giappone) e l’inaugurazione delle Olimpiadi a Pechino. E la sua abilità diplomatica è riuscita a superare anche l’ostacolo dei ravioli cinesi contenenti pesticidi e quello più grave della repressione in Tibet.
L’incontro con l’imperatore e i colloqui con Fukuda, conclusi con una dichiarazione congiunta, sono stati i momenti principali della visita. In tutte e due le occasioni Hu Jintao ha evitato di parlare esplicitamente all’infelice passato. Dieci anni prima il suo predecessore Jiang Zemin nelle medesime circostanze aveva ripetutamente ricordato ai giapponesi il passato imperialista, amareggiando molti sia in Giappone che in Cina. Questa volta, un’allusione indiretta c’è nella dichiarazione congiunta dove si dice che le due nazioni “continueranno a esplorare una nuova fase di relazioni reciproche guardando in faccia alla storia onestamente”. Ma quasi per addolcire anche questa allusione, la parte cinese ha detto che “apprezza il fatto che il Giappone ha continuato ad essere una nazione pacifista per più di 60 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale”. Da parte sua, Fukuda ha rivolto “un cordiale benvenuto a Hu per la sua visita nell’anno che festeggia la ricorrenza del 30mo anniversario del trattato di pace e amicizia siglato dal Giappone e dalla Cina” ( 1978).
Parlando agli studenti nell’aula magna dell’università Waseda, Hu è stato meno riservato, perché sapeva che i suoi uditori non erano solo gli studenti giapponesi ma anche tutto il popolo cinese: il discorso è stato trasmesso in diretta in Giappone e in Cina. Riferendosi al passato ha detto chiaramente che la guerra d’invasione da parte del Giappone “ha molto danneggiato i legami amichevoli e non solo ha recato enorme disgrazia al popolo cinese, ma ha anche gravemente danneggiato il popolo giapponese”.[1] Riguardo al futuro, ha aggiunto, Cina e Giappone “devono riconoscere obbiettivamente lo sviluppo vicendevole e considerarsi partner che collaborano e non rivali”.
“Calda primavera” è l’espressione usata da Hu per qualificare l’incontro al vertice, quasi a voler dire che la piena riconciliazione è avvenuta. La decisione di ricambiare ogni anno visite al vertice è un concreto inizio della nuova fase.
Nel soggiorno di Hu in Giappone ci sono stati, poi, due avvenimenti - marginali in apparenza, ma di notevole significato simbolico - serviti a porre le relazioni tra i due popoli in una prospettiva storica più ampia e positiva. Alla sera dell’arrivo, Hu ha incontrato Fukuda per una cena informale in un ristorante di Tokyo, noto per i suoi legami con Sun Yat-sen (1866-1925), l’eroe rivoluzionario della Cina. La moglie del padrone del ristorante è una discendente di Shokichi Umeya, personaggio giapponese noto per aver sostenuto finanziariamente Sun, che frequentava questo ristorante quando era in esilio Giappone nei primi anni del XX secolo.
Ha poi speso l’ultimo giorno della visita facendo turismo (politico) nella prefettura di Nara, dove ha visitato due tempi buddisti, Horyuji e Toshodaiji, che hanno legami storici con la Cina.. Il tempio Horyuji è stato fondato nel secolo VII dal principe Shotoku, che aveva inviato delegazioni diplomatiche in Cina. “Il principe Shotoku, ha detto Hu, ha diffuso il buddismo in Giappone. Ciò che rimane del tempio (primitivo) è il frutto di scambi tra le due nazioni”. Nel tempio Toshodaiji si è fermato a vedere la statua di Jianzhen, un monaco buddista cinese che durante la dinastia Tang è venuto in Giappone per insegnare la morale buddista.
Il significato simbolico della cena informale al ristorante di Tokyo e delle visite ai due templi di Nara sembra ovvio: è l’invito a costruire un futuro senza lasciarsi condizionare dal recente passato infelice ma ricordando i legami di un passato costruttivo molto più lungo.
[1] Hu said the war of invasion by Japan ''greatly damaged friendly ties'' and ''not only brought about enormous misfortune to the Chinese people but also greatly harmed the Japanese public.''
Vedi anche