Communio: numero speciale per il Sinodo sulla famiglia
Roma (AsiaNews) - A poche settimane dall'incontro straordinario per il Sinodo dei vescovi dedicato alle "Sfide pastorali della famiglia nel contesto dell'evangelizzazione", la rivista americana Communio ( Communio: International Catholic Revue) pubblica un numero speciale della sua prestigiosa rivista, dedicata allo stesso tema. Il numero (Summer 2014), ha come titolo: "Matrimonio: considerazioni teologiche e pastorali ("Marriage: theological and pastoral considerations").
Il denso volume porta contributi di alti membri dell'assise sinodale come il card. Angelo Scola e il card. Marc Ouellet, e di studiosi del settore - legati spesso all'Istituto Giovanni Paolo II sulla famiglia - quali José Granados, Antonio López, Adrian J. Walker e altri.
Il lavoro dei due cardinali si muove sul legame fra matrimonio ed eucaristia, esplicitando l'antropologia, il modello di persona e di legame fra i sessi che emergono dal vangelo e mettendo in relazione i sacramenti del matrimonio e del dono eucaristico. Il card. Ouellet affronta in modo più diretto il tema della non comunione alle coppie risposate o divorziate, visto non come una "punizione", ma come un'affermazione più grande dell'alleanza stabilita da Gesù Cristo.
Il tema della comunione alle coppie risposate ha riempito quasi tutto il dibattito preparatorio al Sinodo, tanto da farlo apparire come l'unica questione che verrà trattata all'incontro, insieme forse alla pastorale delle coppie gay e all'educazione dei loro figli.
Nel numero di Communio si sottolinea che il Sinodo dovrebbe mettere in luce anzitutto la bellezza del matrimonio e del dono reciproco fra un uomo e una donna, e la famiglia come frutto e responsabilità del loro dono.
Non si dimenticano però le questioni sul tappeto, che nei media vengono spesso ridotte a un conflitto fra il "legalismo" della indissolubilità e la "misericordia" verso divorziati, risposati e gay.
Nell'articolo di Nicholas J. Healy, Jr., si riflette sulla proposta del card. Walter Kasper di permettere ai divorziati e risposati di accedere alla comunione, mostrandone i limiti: l'indissolubilità come fondata (solo) su una decisione personale, e non - anzitutto - come l'opera di un Altro; pensare alla misericordia e al perdono (solo) al di fuori del rapporto indissolubile.
Con note simili, Fabrizio Meroni, PIME, mostra che la pastorale verso coppie sposate, risposate, divorziate dovrebbe contenere insieme "verità e misericordia". Spesso, secondo l'autore, si riduce la misericordia a una benevolenza psicologica, al di fuori di una partecipazione al misero di Cristo. In tal senso, il primo gesto di misericordia anche verso un divorziato è il rapporto matrimoniale sacramentale e il dolore della sua rottura, che è più intensa partecipazione al mistero della sofferenza di Cristo. In ogni caso, la domanda di partecipare all'eucarestia da parte di divorziati e risposati non può essere oggetto di una "rivendicazione", essendo il sacramento puro dono.
L'autore mette in luce anche la parzialità con cui spesso si sottolinea la sofferenza delle coppie divorziate che non possono accedere al sacramento, ma non si parla delle sofferenze nella comunità ecclesiali e soprattutto di quelle dei figli della coppia, testimoni e vittime della rottura dell'amore che li ha fatti nascere.
Alcuni teologi contemporanei affermano che i Padri e la prima tradizione cristiana erano molto più largheggianti di ora su divorzio e secondo matrimonio. Un articolo di Henri Crouzel, sj, (scritto nel 1977) mostra che quelle affermazioni sono false o perlomeno azzardate.
Nella pregevole rivista non mancano poi articoli filosofici e sociologici. David C. Schindler mostra che la crisi attuale del matrimonio è legata a una crisi antropologica, dove la persona è vista come autonoma e la sua libertà coincide con il non avere legami. Per la tradizione cristiana i legami e il dono di sé sono il vertice della libertà.
Sempre legato a questo tema della libertà come autonomia, l'articolo di David S. Crawford mostra che nella mentalità odierna, anche il matrimonio fra eterosessuali è visto come un "matrimonio gay", ossia come il frutto di una decisione privata dell'individuo in funzione della propria soddisfazione individuale, eliminando una visione del "bene comune" e della fecondità.