Commissione Onu a Naypyidaw: rilasciare tutti i detenuti politici nelle carceri birmane
Yangon (AsiaNews) - La Commissione per i diritti umani dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite lancia un appello al governo birmano, chiedendo il rispetto delle promesse fatte e la conseguente liberazione di tutti i prigionieri politici "entro la fine dell'anno". Pur apprezzando le riforme - politiche ed economiche - compiute sinora da Naypyidaw, che hanno fatto emergere il Paese dopo decenni di dittatura militare, l'Onu manifesta "preoccupazione" per i nuovi casi di arresti di attivisti. Al contempo destano preoccupazione le violenze interconfessionali nello Stato occidentale di Rakhine, fra birmani buddisti e musulmani Rohingya, una minoranza alla quale vanno garantiti "pari diritti" di cittadinanza e la fine delle violenze.
La Commissione Onu ha approvato ieri la risoluzione annuale, con il consenso dei 193 Stati membri; essa presenta un tono più morbido rispetto al passato, quando il Myanmar risultava fra i Paesi con le statistiche peggiori in tema di diritti umani. Basti pensare alla prolungata detenzione della leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi, che ha trascorso 15 degli ultimi 22 anni ai domiciliari. Fondamentali i cambiamenti impressi dal governo guidato dal presidente riformista Thein Sein, anch'egli un ex generale dell'esercito.
Tuttavia, restano ancora problemi irrisolti come la detenzione di decine di attivisti e le violenze di natura settaria contro la minoranza musulmana Rohingya. Le Nazioni Unite auspicano il rispetto delle promesse e "il rilascio [degli attivisti] entro la fine del 2013, assicurando al contempo la piena reintroduzione dei diritti e delle libertà individuali".
La scorsa settimana l'esecutivo ha ordinato la liberazione di 69 detenuti politici, ma altri ancora ne restano in prigione e tuttora le autorità compiono fermi e arresti per reati di opinione. Vi sono poi continui casi, avverte la Commissione per i diritti umani Onu, di "espropri forzati, confische dei terreni, stupri e altre forme di violenza sessuale, torture, crudeltà e trattamenti disumani". Destano particolare preoccupazione le violenze contro i Rohingya che, negli ultimi 18 mesi, hanno causato oltre 240 morti e 240mila sfollati.
In tema di prigionieri politici interviene anche il movimento attivista Assistance Association for Political Prisoners (Burma), pubblicando il rapporto - aggiornato a fine ottobre - degli attivisti in cella. Secondo quanto emerge nel documento, nel mese di ottobre sono stati incriminati 34 attivisti politici, due dei quali sono difensori dei diritti umani che ancora oggi sono rinchiusi in cella per il loro lavoro. Cinque persone sono state condannate e tre hanno ricevuto pene detentive a vario titolo. Pur "apprezzando" il rilascio di 56 detenuti, i responsabili di AAPP sottolineano però i vincoli e le restrizioni cui sono sottoposti, che ne limitano la libertà di opera e movimento. " In netto contrasto con i passi in direzione progressista e di cambiamento presi in apparenza dal governo - avvertono i membri di AAPP - vi è l'uso continuativo di arresti arbitrari e la limitazione di 'libertà civili e politiche'. Inoltre, i continui arresti rendono estremamente improbabile il mantenimento della promessa fatta dal presidente Thein Sein, secondo cui tutti i prigionieri politici saranno liberati entro fine anno".