Colombo, una messa (pubblica) per le vittime degli attentati di Pasqua
Il card. Ranjith ha guidato la funzione nella chiesa di san Sebastiano, una di quelle colpite dagli attentatori. “Non vi odiamo – ha detto il presule – ma risponderete dei vostri gesti davanti al tribunale di Dio”. Alcuni sopravvissuti parlano ad AsiaNews: “Non riusciamo a dimenticare il rumore delle bombe e le grida di chi stava morendo”.
Colombo (AsiaNews) – Dopo un lungo stop dovuto a motivi di sicurezza, il card. Malcolm Ranjith è tornato ieri sera a celebrare una messa pubblica. Il presule ha guidato la funzione in suffragio delle anime delle vittime degli attentati di Pasqua nella chiesa di san Sebastiano, una di quelle colpite dalla violenza alcune settimane fa. Presenti centinaia di fedeli, fra cui molti sopravvissuti.
Durante l'omelia, l'arcivescovo di Colombo ha detto: “Noi non odiamo coloro che hanno causato questo disastro. Ma devono sapere che prima o poi dovranno rispondere dei propri gesti presso il tribunale di Dio, che vi chiederà conto di quello che avete fatto a queste persone”. Insieme al cardinale hanno concelebrato l'ausiliare di Colombo, mons. J.D. Anthony, e il parroco di san Sebastiano p. Srilal Fonseka. Presenti molti altri sacerdoti dalle parrocchie vicine.
Tra i fedeli presenti, molti sopravvissuti agli attentati: “Non avremmo mai pensato – dicono ad AsiaNews – di partecipare a una messa come questa. Non pensavamo di vedere un funerale di massa nel nostro villaggio. Tra di noi oggi ci sono vedove, figli senza genitori, persone che hanno perso tutto. E poi ci sono case che si sono svuotate all'improvviso: intere famiglie distrutte”.
La cosa più difficile, continuano i presenti, “è dimenticare il rumore. Il fragore delle bombe e le urla di chi stava morendo, quelle urla piene di dolore... Sono ricordi anche visivi troppo difficili da dimenticare”.
Katuwapitiya, luogo dove sorge la chiesa di san Sebastiano, “è divenuta un posto speciale – ha continuato il cardinale – un posto che oggi può vantare più di 100 santi martiri. Anche se il Vaticano non ne ha ancora riconosciuto la santità, sappiamo che erano qui per celebrare Dio e ascoltare la Sua parola, ricevere la comunione e ringraziare il Signore per le Sue benedizioni. Quindi hanno dato la propria vita per Dio. E oggi sono davanti al Signore come i santi di Katuwapitiya”.
(foto di p. Sunil De Silva)
22/04/2022 13:22
14/01/2022 12:56