Cina, maxi arresto per il furto di reperti archeologici risalenti al 3.000 a.C.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le autorità cinesi hanno arrestato 175 persone nella provincia cinese del Liaoning, accusate di aver trafugato reperti archeologici del valore di oltre 80 milioni di dollari (500 milioni di yuan). Il ministero di Pubblica sicurezza riferisce di aver recuperato un “tesoro” di 1.168 manufatti antichi, sottratti in modo illegale dal sito archeologico di Niuheliang. Lo scavo risale al periodo del Neolitico, circa 5mila anni fa, e secondo l’Unesco era un luogo adibito alla sepoltura e ai sacrifici. Secondo le autorità, si tratta della “più vasta operazione di recupero di antichità rubate mai effettuata”.
La polizia non ha fornito indicazioni riguardo la data dell’operazione, ma ha riferito che al sequestro hanno partecipato circa mille agenti e ha sottolineato che le attività dei trafficanti “hanno danneggiato in modo gravissimo il sito archeologico”. Tra i reperti recuperati anche un drago di giada con la coda a spirale, uno dei primi esemplari conosciuti dell’antico totem cinese (formato dalla testa di un orso e dal corpo di un serpente, che sta a indicare il processo di integrazione delle varie etnie della Cina ndr).
Secondo gli inquirenti i 175 arrestati erano divisi in dieci gruppi, ognuno dei quali si occupava di una fase ben precisa del contrabbando, dallo scavo nel sito di Niuheliang alla vendita illegale ad acquirenti facoltosi. Cai Binghui, poliziotto intervistato dal China Daily, riporta che la compravendita avveniva in tempi molto rapidi: “I manufatti erano venduti velocemente e commerciati davvero di frequente”.
I trafficanti potevano contare sulla complicità di diversi mediatori, che aiutavano a prelevare gli oggetti preziosi e persino di quattro archeologi.